Fonte:
Corriere della Sera
Autore:
Martina Pennisi
Facebook e Instagram bloccano i profili dell’ estrema destra
Stop a Casa Pound e Forza Nuova: «Diffondono odio»
Poche ore dopo il discorso alla Camera con cui il premier Giuseppe Conte ha invitato a un «uso responsabile dei social network, che non di rado diventano ricettacoli di espressioni ingiuriose e di aggressioni verbali», Facebook ha messo in atto un repulisti senza precedenti in Italia contro «organizzazioni o individui che proclamano o sono coinvolti in missioni violente». Le pagine ufficiali, nazionali e locali, dei due movimenti di estrema destra CasaPound e Forza Nuova e decine di profili dei loro leader — compresi il presidente di CasaPound Gianluca Iannone e Simone di Stefano e il segretario di Forza Nuova Roberto Fiore — e dei loro rappresentanti sono stati rimossi sia da Facebook sia da Instagram. La società californiana, che nel nostro Paese sui due social conta più di 55 milioni di utenti, ha applicato la sua norma sulle persone e organizzazioni pericolose, che nel 2018 ha portato alla rimozione dei profili del gruppo di ultra-destra britannico Britain First. Funziona così, ha spiegato un portavoce di Facebook: non è ammesso chi «diffonde odio o attacca gli altri sulla base di chi sono. Candidati e partiti politici devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia. Gli account che abbiamo rimosso non potranno più essere presenti su Facebook o Instagram (in realtà il consigliere comunale di Casapound nel X Municipio di Roma Luca Marsella è già rispuntato su Instagram ingannando un non meglio definito controllo ex post, ndr)». Nello specifico, Facebook punisce la promozione della violenza o gli atti di violenza contro persone di una determinata etnia o nazionalità e i discorsi e l’istigazione all’odio, sia online sia offline. Giudica dunque l’operato delle organizzazioni anche al di fuori dei suoi confini. Se ritiene che siano pericolose, rimuove anche chiunque inneggi alle stesse. Come decida di preciso e quali siano i limiti da superare per rientrare nella categoria non si sa, con tutti gli interrogativi che ne conseguono sull’arbitrarietà delle sue decisioni. Lecito chiedersi: se si prende come riferimento la violenza di CasaPound e Fn fin dove non si è ancora spinto chi altro in politica si scaglia contro le minoranze o i deboli per non essere ugualmente punito? La risposta non è apologia di fascismo, reato per la legge italiana ma assente nelle norme di Facebook. Il processo che porta alla rimozione è gestito sia da persone in carne e ossa sia dall’occhio tecnologico, può durare mesi e non è legato alla stretta attualità, e dunque alla manifestazione di ieri contro il governo di Movimento 5 Stelle e Pd, come ha ipotizzato Iannone, già punito da Facebook lo scorso aprile — «ci cancellano perché eravamo in piazza contro il governo. Siamo schifati». Di Stefano ha dichiarato l’intenzione di intraprendere «un’azione legale contro una multinazionale privata monopolista e un chiaro segnale di censura». Fiore ha parlato di «un blitz che ha cercato di colpire la campagna di Forza Nuova contro il governo di estrema sinistra e Bruxelles». Soddisfazione, invece, del vice presidente della Camera Pd Ettore Rosato — «Finalmente Facebook ha deciso di agire, un provvedimento sacrosanto» — e della deputata di LeU Laura Boldrini, secondo cui è stato compiuto «un altro passo verso l’archiviazione della stagione dell’odio organizzato sui social». Per il segretario del Pd Nicola Zingaretti, la motivazione addotta da Facebook è «esemplare a sostegno di una scelta giusta e coraggiosa».