31 Luglio 2019

Recensione del libro “Il nemico innocente” con saggio di Betti Guetta

Fonte:

Il Foglio

Autore:

Alessandro Litta Modignani

Milena Santerini Il nemico innocente, Guerini e Associati,190 pp., 18.50 euro

Non è difficile constatare la maggiore facilità e penetrazione del discorso d’odio rispetto a quello positivo (…). I contenuti ostili, provocatori, volgari, diffamatori sono più cliccati, hanno maggiore audience e quindi ottengono i vantaggi relativi alla loro diffusione, compreso il finanziamento dalla pubblicità”. Milena Santerini, dell’Università Cattolica di Milano, cura un volume collettaneo su un tema di drammatica attualità: L’incitamento all’odio nell’Europa contemporanea– come recita il sottotitolo – veicolato dai social network e declinato nelle sue due correnti principali, il razzismo e l’antisemitismo. Queste due categorie sono limitrofe e dai confini assai labili, poiché è ancora alto il numero di coloro che giudicano le teorie razziali scientificamente fondate e che definiscono gli ebrei una “razza”. I seguaci delle teorie cospirative sono quasi sempre antisemiti, come dimostra la persistente diffusione dei Protocolli dei Savi anziani di Sion. La parte più interessante del saggio è incentrata sulle manifestazioni online di odio verso Israele. L’esportazione dell’antisemitismo classico nei paesi arabi, infatti, rischia di provocare una sostituzione di antiche figure con nuovi bersagli. L’antisionismo è la “terza fase” dell’odio antiebraico, scrive Giovanni Maria Flick, dopo l’antigiudaismo cristiano e l’antisemitismo di matrice razziale. Dunque è antisemita chi contesta lo stato ebraico in quanto tale, nel suo diritto di esistere. Attraverso internet si diffonde una nuova forma di odio per gli ebrei, spiega il francese Michel Wieviorka, dovuta all’esistenza dello stato di Israele, nei paesi arabo-musulmani ma anche all’interno delle società europee, come quella francese. Lo studioso cita il noto caso del comico Dieudonné, che insinua allusivo: “Je ne peut pas tout dire, parce que les juifs ne veulent pas que je dise tout”. Le storiche accuse contro gli ebrei, ripescate dall’antisemitismo tradizionale, vengono riciclate dalla propaganda antisionista. “Il social più utilizzato continua a essere Facebook, ma quello che pubblica il materiale più brutalmente antisemita è il russo VK – spiega Betti Guetta. L’odio verso gli ebrei, proiettato su Israele attraverso stereotipi classici, legittima l’antisemitismo nella società civile, in assenza di contromisure giudiziarie o politiche”. Dunque, conclude Guetta, “è antisemita usare sui social network simboli e immagini associate all’antigiudaismo classico (per esempio l’uccisione di Gesù o l’accusa del sangue) per caratterizzare Israele e gli israeliani, o tracciare paragoni fra la politica israeliana contemporanea e quella dei nazisti”. Meno convincenti appaiono le tesi di Andrea Riccardi, quando scrive che “il capitalismo globale favorisce quella che è stata chiamata l’Età dell’Odio”, o addirittura quando imputa le responsabilità dell’incitamento all’odio alla “cultura nazionale, intesa come educazione all’identità. Storia, lingua, geografia, epica letteraria hanno contribuito all’efficienza e alla diffusione dell’odio”, sostiene Riccardi.