Luogo:
Livorno
Autore:
Andrei Oisteanu
Anno:
2018
“L’immagine dell’ebreo” è un libro corposo, di quasi novecento pagine, che racconta – come recita il sottotitolo “Stereotipi antisemiti nella cultura romena e dell’Europa centro-orientale” – la genesi e l’evoluzione del pregiudizio antiebraico in Romania e nell’Europa dell’est.
Il volume è una antologia ragionata di articoli e ricerche realizzati in decenni di studi dallo storico romeno Andrei Oișteanu, professore all’università di Bucarest, etnologo e antropologo che ha dedicato gran parte delle sue ricerche alla storia degli ebrei nel suo Paese.
Pubblicato dall’editore livornese Salomone Belforte, questo libro ripercorre secoli di pregiudizio, nell’ottica di approfondire quanto profondo, diffuso e radicato fosse l’antisemitismo nell’Europa dell’est, ben prima della tragedia della Shoah.
Un pregiudizio che, senza meno, giocò un ruolo importante nel manifestarsi, durante la Shoah, del collaborazionismo e di quella diffusa indifferenza sociale sulla sorte della popolazione ebraica, che permise ai nazisti di agire senza argini, con spietata efficacia e con non sporadico fiancheggiamento delle popolazioni locali.
Il libro si articola in cinque lunghi capitoli, dedicati al ritratto fisico, professionale, morale e intellettuale, mitico e magico, religioso, che nella società romena e in Europa orientale si è fatto nei secoli degli ebrei. Un interessante apparato iconografico accompagna il lettore, con decine di immagini, disegni, vignette, foto e dipinti, che fotografano gli stereotipi sugli ebrei veicolati per secoli, a partire dalle presunte caratteristiche fisiche, come il celeberrimo naso adunco, le labbra carnose, le fattezze animali, per proseguire con l’intero armamentario del pregiudizio.
Ma il volume non tiene conto solo degli aspetti negativi di una coesistenza iniziata oltre un millennio fa, in una vasta area geografica diventata la culla del hassidismo, poi massimamente devastata dalla tragedia della Shoah, e che per forza di cose porta con sé una notevole complessità.
Sono interessanti, per esempio, i passaggi in cui si descrive la percezione della donna ebrea in Romania, giudicata generalmente bella e aggraziata, o la tradizionale vocazione all’accoglienza e alla tolleranza, che sarebbe una caratteristica culturale del popolo romeno, che stride però pesantemente con le vessazioni e le persecuzioni a cui sono stati sottoposti nei secoli gli ebrei di Romania (Hanna Arendt, citata nel volume, descrisse la Romania come il Paese più antisemita d’Europa). E ancora, la leale e apprezzata partecipazione degli ebrei alla vita militare, dopo l’emancipazione, in forze degli eserciti dei rispettivi Paesi, o il diffuso credere in una sorta di superiore intelligenza ebraica (una specie di “pregiudizio in positivo”, parimenti pericoloso).
Ha scritto Moshe Idel, tra i maggiori ebraisti contemporanei, egli stesso di origini romene, di questo volume: “Si tratta di un libro ben documentato e scritto con intelligenza. È un’analisi esplicita di molti temi legati all’immagine dell’ebreo e una critica implicita di una importante componente della cultura romena. Ma soprattutto, è un libro molto coraggioso”.
Un volume che è anche un prezioso contributo per comprendere un fenomeno gravemente presente nella storia europea, che oggi torna a destare pesanti preoccupazioni nelle comunità ebraiche del vecchio continente.
Marco Di Porto
Moked.it