Fonte:
Moked.it
Autore:
Daniel Reichel
Antisemitismo, i democratici Usa e il pericolo all’interno del partito
Nell’immaginario antisemita, gli ebrei controllano il mondo da dietro le quinte, grazie al denaro e al potere. È un pregiudizio che ha attraversato i secoli e causato sofferenze e milioni di vittime. Negli Stati Uniti questa retorica è stata utilizzata per screditare e colpire l’alleanza tra la più antica democrazia del mondo e una delle più giovani, Israele. Lo ha fatto a suo modo la giovane deputata di origine somale Ilhan Omar: in un tweet ha sostenuto, con un’allusione, che l’AIPAC (l’American Israel Public Affairs Committee – nota organizzazione di pressione a favore di Israele), pagherebbe i politici americani in favore di un sostegno allo Stato ebraico. “Consapevolmente o no, Omar ha invocato una velenosa narrazione antisemita per cui gli ebrei utilizzerebbero i loro soldi per manipolare gli affari globali. – sottolinea sul New York Times Michelle Goldberg – . Questo è arrivato poche settimane dopo essersi scusata per un tweet del 2012 in cui diceva che Israele aveva ‘ipnotizzato’ il mondo: frase anch’essa che ricorda le vecchie fandonie sul potere ebraico occulto”.
I vertici democratici, tra cui la presidente della Camera Nancy Pelosi, hanno invitato subito Omar a “rifiutare l’antisemitismo in tutte le forme”, mentre i repubblicani hanno sostenuto che i suoi commenti rivelano la profondità del sentimento anti-Israeliano all’interno del Partito Democratico. Il passo indietro è arrivato a distanza di 24 ore: “Mi scuso inequivocabilmente – ha scritto Omar in una dichiarazione su Twitter – Allo stesso tempo, riaffermo il ruolo problematico dei lobbisti nella nostra politica, che si tratti dell’AIPAC, dell’NRA o dell’industria dei combustibili fossili. È durata troppo a lungo e dobbiamo essere disposti ad affrontarla”.
“Oltre a perpetuare gli stereotipi antisemiti, – riflette sull’Atlantic Emma Green – i commenti di Omar erano imprecisi e incompleti: l’influenza dell’AIPAC, che non include i pagamenti ai politici, è solo una piccola parte del motivo per cui l’alleanza USA-Israele è quasi universalmente sostenuta dal Congresso. I suoi commenti, e il contraccolpo che hanno provocato, dimostrano quanto sia spaccato il dibattito americano su Israele. Omar è il nuovo volto della critica anti-israeliana a sinistra, eppure il suo uso di topos antisemiti ne mina la credibilità. I suoi commenti hanno provocato reazioni oltraggiate, amplificando le voci più estreme sul conflitto israelo-palestinese e limitando le possibilità di un dibattito più sfumato sul sostegno americano alle politiche israeliane. Invece di creare più spazio per il dibattito critico su Israele, Omar ha dato credito a una caricatura comune della sinistra anti-israeliana: l’opposizione a Israele è in parte alimentata dall’antisemitismo cospirativista”. È la stessa immagine che genera il partito laburista britannico, dove però il problema è al vertice, con il leader Jeremy Corbyn associato più volte al peggiore antisemitismo camuffato da antisionismo. “È importante notare che questa atmosfera non è emersa negli Stati Uniti nella notte. Dopo tutto, negli ultimi due anni, la dirigenza della Marcia delle donne della sinistra progressista ha fatto tutto il possibile per rendere le donne ebree sgradite nelle sue file. – scrive Anshel Pfeffer su Haaretz – E stiamo assistendo alla produzione di tutte le stesse giustificazioni standard: proprio come Corbyn si ritrae come una persona che ha ‘combattuto il razzismo per tutta la vita’, Omar, una rifugiata di origine somala, viene presentata come un frequente bersaglio del razzismo (ed è così). Quindi entrambi devono essere considerati immuni dall’antisemitismo in parole, atti o pensieri”. Secondo Pfeffer il problema però per gli Stati Uniti è più radicato che in Gran Bretagna. “Negli Usa, con la sua politica identitaria intersezionata, l’antisemitismo è diventato inestricabilmente confuso con altre questioni razziali, con gli ebrei dipinti come ricchi oppressori bianchi, mentre molti dei loro critici, come Omar, sono giovani donne di colore, che si trovano a loro volta ad affrontare attacchi razzisti in altre forme. Questo è uno dei motivi per cui sarà più difficile respingere l’antisemitismo da parte della sinistra americana”. Ancora, dietro le affermazioni di Omar così come di Corbyn si nasconde, scrive l’opinionista di Haaretz, “lo spostamento populista verso una politica più estrema e un’ostilità generalizzata verso il mainstream. La sinistra estrema non è così diversa da Trump e dall’istinto di base dell’alt-right”. Le parole di Pfeffer trovano riscontro in chi è venuto a difesa di Omar: David Duke, l’eminente suprematista bianco ed ex leader del Ku Klux Klan. “Quindi, mettiamo le cose in chiaro – ha twittato – è ‘antisemitismo’ far notare che le borse di denaro politico più potenti nella politica americana sono quelle dei sionisti che mettono l’interesse di un’altra nazione (Israele) davanti a quello dell’America?”. Un tweet praticamente vademecum dell’antisemitismo.
Tornando alle parole di Omar, il dibattito più acceso si è sviluppato all’interno delle file progressiste. “Possiamo certamente avere una conversazione sul fatto che ci siano o meno troppe lobby nella politica americana. – scrive sul Forward Batya Ungar-Sargon – Ma ricamare sul denaro ebraico, sulle tangenti ebraiche e sull’influenza ebraica non è il modo migliore per avere questa conversazione”. Sul fronte opposto, il Wall Street Journal sottolinea che “i democratici rischiano di perdere i moderati e parte della loro base se questi sentimenti cominciano a definire nella mente pubblica la visione che il loro partito ha di Israele”.