Fonte:
Moked.it
Autore:
Francesco Lucrezi
Periscopio – Gli ebrei e l’impero
È senz’altro da segnalare, per il suo alto interesse, una monografia, recentemente pubblicata da una giovane studiosa di Storia del diritto, Mariateresa Amabile, dedicata alla numerose, ambigue e contraddittorie leggi in materia di ebraismo emanate nell’impero romano cristiano nei secoli IV-VI dell’era volgare, intitolata Nefaria Secta. La normativa imperiale ‘de Iudaeis’ tra repressione, protezione, controllo. Il volume – che si presenta come prima parte di una più ampia ricerca, e che affronta specificamente i problemi connessi a matrimonio, oneri curiali, conversioni e apostasia, essendo altre tematiche (schiavitù, culto e festività) rimandate a un successivo tomo -, dopo avere ripercorso le molteplici implicazioni giuridiche che scaturirono dai rapporti tra romani ed ebrei nelle varie epoche, si sofferma in una dettagliata analisi dei provvedimenti promulgati dalla corte imperiale dopo il rivolgimento epocale originato dall’assunzione del Cristianesimo a religione statale. Merito dell’autrice è quello di avere lumeggiato in modo accurato ed equilibrato le complesse vicende storiche e gli eventi che determinarono l’incontro-scontro tra Roma e Gerusalemme, la genesi dell’antigiudaismo antico quale prodotto e costruzione culturale della polemica patristica antigiudaica, gli effetti del capovolgimento politico e ideologico determinato dalla conversione di Costantino e dalla conseguente trasformazione dell’impero in senso teocratico e assolutistico, le conseguenze che ciò determinò, a livello giuridico, sulla condizione degli ebrei nell’Impero romano. I vari provvedimenti legislativi sono esaminati nella loro specifica portata normativa, e messi in relazione con il loro retroterra ideologico, a partire dal controverso atteggiamento dei vari Padri della Chiesa nei confronti della religione mosaica e del popolo dell’Alleanza. Viene messo in luce come l’atteggiamento imperiale rifletta l’ambivalenza e la contraddittorietà della posizione ecclesiastica nei confronti dell’ebraismo (risalente, com’è noto, alla definizione di Paolo di Tarso di Israele come “santa radice” del cristianesimo, e all’idea di Agostino secondo cui il l’Antico Testamento già nasconderebbe, “in nuce”, la verità del Nuovo, mentre quest’ultimo rappresenterebbe il pieno svelamento del senso dell’Antico “Vetus in Novo patet, Novum in Vetere latet”). Un’ambivalenza e contraddittorietà che spinse i vari imperatori, spesso per esigenze momentanee e contingenti, non sempre di facile ricostruzione, a emanare provvedimenti di diverso tenore, che vengono ricondotti dall’autrice a tre esigenze di fondo: repressione (volontà di limitare, in vario modo, la libertà di culto e i diritti civili degli ebrei), protezione (difenderli contro le intemperanze ecclesiastiche, in genere per cercare di riaffermare l’autorità imperiale contro l’invadenza della Chiesa), controllo (diretta intrusione nelle regole di vita e di culto degli ebrei, con motivazioni apparentemente diverse, di tipo paternalistico, assistenziale, pedagogico). Viene ben evidenziata l’assoluta peculiarità della posizione assunta dall’ebraismo nella società dell’Impero romano cristiano, quando la religione mosaica diventa qualcosa di diverso da un culto pagano e anche da un’eresia cristiana, e come tale viene trattata, con un atteggiamento che oscilla continuamente tra diverse posizioni. L’idea di un totale rifiuto delle antiche Scritture – che fu pure reiteratamente proposta, per esempio dal monaco Marcione -, non prevalse, a favore dell’affermazione del più complesso e ambiguo rapporto di derivazione-subordinazione (che avrebbe però portato, come detto da Martin Buber, a un persistente “marcionismo implicito”, destinato a durare fino ai giorni nostri), cosicché l’ebraismo deve sopravvivere (come sentenziò Teodosio I: “Iudaeorumn sectam nulla lege prohibitam satis constat”), ma gli ebrei (come disse Agostino) devono soffrire, a testimonianza del loro errore e della verità della nuova Rivelazione (“testes iniquitatis eorum et veritatis nostrae”). Suscita viva impressione, dalla lettura del volume, la violenza del linguaggio antiebraico usato da molti dei primi apologeti cristiani (Giustino, Origene, Giovanni Crisostomo, Ambrogio, Agostino e tanti altri), diversi dei quali, com’è noto, destinati a essere eletti, per restarvi per sempre, ai livelli più alti dell’agiografia cattolica. Gli imperatori spesso si resero fedeli esecutori di tale predicazione violenta e sprezzante, emanando molte leggi persecutorie e discriminatrici; altre volte mostrarono di resistere a tali pressioni, accordando agli ebrei diritti e protezione; altre, ancora, destinarono alla “nefaria secta” un trattamento particolare, improntato a sospetto, controllo, vigilanza. Gli ebrei potevano essere perseguitati o protetti, emarginati o tollerati, odiati o perdonati. Ma, in ogni caso, restavano quello che erano, una realtà ‘altra’ e ‘diversa’, la cui tessera non trovava, nel pur variopinto mosaico dell’impero mondiale, una sua stabile e pacifica collocazione. Un libro che fa molto riflettere, e che fa capire molte cose non solo di un remoto passato, ma anche del nostro presente.