Fonte:
Osservatorio antisemitismo
Autore:
Alberto De Antoni
«non vi è altro modo di scrivere e soprattutto di tramandare della Shoah se non tenendo lo sguardo fisso su quelle donne, quegli uomini e quei bambini che senza colpa ebbero a soffrire le più atroci delle esperienze nella storia dell’umanità. »
La bibliografia sulla Shoah ha raggiunto ormai proporzioni incommensurabili ed è diventato sempre più difficile, se non impossibile, per un solo studioso padroneggiare l’intero argomento. Tanto più difficile se quest’unico studioso voglia compiere un’opera di sintesi con lo sguardo rivolto alle sofferenza delle vittime. Eppure, non vi è altro modo di scrivere e soprattutto di tramandare della Shoah se non tenendo lo sguardo fisso su quelle donne, quegli uomini e quei bambini che senza colpa ebbero a soffrire le più atroci delle esperienze nella storia dell’umanità.
Questo è il fine che si è prefisso lo storico inglese Laurence Rees, già presente sul tema da tempo (Nazisti. Un monito dalla storia: Un popolo, un Führer, un Reich, Newton&Compton 1998; Auschwitz e la Soluzione Finale, Mondadori 2009; Il carisma oscuro di Hitler, Bruno Mondadori 2013), col suo recente studio The Holocaust. A New History (London 2017), oggi anche in traduzione italiana per Einaudi. Il testo (pp. 547), che segue la struttura di opere analoghe come Uomini a Auschwitz, di Hermann Langbein (Mursia 1984) o Il libro della Shoah italiana. I racconti di chi è sopravvissuto, a cura di Marcello Pezzetti (Einaudi 2009), ad es., è costruito, oltre che sulla memorialistica dei sopravvissuti, sul materiale proveniente dalle deposizioni raccolte nei processi ai criminali nazisti o presenti nell’US Holocaust Memorial Museum, dalle ricerche negli archivi di Stato tedeschi e dalle molte testimonianze inedite frutto dalla pluriventennale attività documentaristica dell’autore per la BBC. Il tutto, inserito nella trama unitaria della narrazione storica dove le tappe principali degli eventi che portarono alla guerra e alla Shoah sono ben delineate con chiarezza e piena padronanza degli argomenti maggiori, si presenta con un quadro ricostruttivo ben riuscito.
È così possibile seguire passo dopo passo la conquista del potere da parte del partito nazista e al tempo stesso i primi smarrimenti delle comunità ebraiche tedesche sino alle devastanti deportazioni nei campi di sterminio e alle reazioni disperate delle vittime. Pur con ciò è stato riservato spazio a quei temi che ancora oggi non hanno ricevuto, a diversa ragione, una spiegazione esauriente: si tratta, ad es., dei progetti antisemiti della leadership nazista che hanno dato luogo, com’è noto, alla distinzione tra intenzionalisti e funzionalisti ovvero alla Shoah come frutto di pressioni indipendenti sorte in quel policentrismo burocratico (o anche feudalesimo totalitario) che è stato il Terzo Reich, o come un disegno ideologico omicida perseguito da sempre. Spazio anche alle politiche antisemite nelle Nazioni occupate o alleate della Germania nazista in una mappa dell’Europa dalle tinte chiaro scure: le Nazioni scandinave tutto sommato poco toccate dalle deportazioni a differenza di un Olanda o di una Grecia, con quest’ultima però che ha visto una comunità di Salonicco del tutto annientata ma non quella di Zante sopravvissuta indenne. Le pagine più terribili, naturalmente, sono quelle che trattano dell’ebraismo europeo orientale, vittima per eccellenza delle fucilazioni in massa e dei campi della morte, punto terminale di furori nazionalistici radicali – tedeschi, ucraini, polacchi, baltici, romeni e slovacchi -, iniziati e non risolti con i confini incerti usciti dalla Prima Guerra Mondiale. Ben diverso, invece, lo sbocco antisemita dei Paesi francofoni che, almeno, in pieno rispetto della propria tradizione giuridica del principio di cittadinanza, consegnarono ai nazisti solamente gli Ebrei d’origine straniera. Se questa politica limitò il numero degli Ebrei francesi deportati a circa 60.000 rispetto a una comunità di proporzioni di gran lunga maggiore, ciò però non impedì che la comunità belga fosse colpita nell’ordine del 90%. L’Italia è ricordata con la grande retata romana del 16 ottobre 1943 e per l’imbarazzante silenzio del Pontefice. Chiudono il libro la deportazione e il massacro della comunità ungherese e quella forma d’eccidio differito, ma non per questo meno micidiale, noto come le Marce della Morte, due episodi in verità che, avvenuti al termine della guerra e a conoscenza delle potenze alleate, avrebbero forse potuto essere evitati.
Una scelta bibliografica, aggiornata e di spessore, rimanda quindi a ulteriori approfondimenti di singoli argomenti, l’unico settore su cui è destinata la ricerca sulla Shoah e sulle sue cause.