Fonte:
Moked.it
Autore:
Noemi Di Segni
“Pluralismo valore irrinunciabile,
ma no alle strumentalizzazioni”
Alcuni firmatari dell’appello “Tacciano le armi in Medio Oriente” elaborato all’indomani dei recenti fatti di Gaza, fra cui i docenti universitari Anna Foa, Donatella Di Cesare e Simon Levis Sullam e l’economista Giorgio Gomel sono intervenuti all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per illustrare a Consiglieri e professionisti presenti in sede i motivi della loro azione. Dopo aver ascoltato le loro ragioni, la presidente UCEI Noemi Di Segni ha raccomandato come il valore dell’ampio pluralismo che caratterizza il mondo ebraico in Israele e nella Diaspora non si presti mai, neanche in campo accademico, alle strumentalizzazioni di chi, per colpire la democrazia israeliana e la sicurezza della popolazione dell’unica democrazia del Medio Oriente, spera di raffigurare una realtà di comodo fatta di “ebrei buoni” e di “ebrei cattivi”.
Di seguito una sua riflessione al riguardo.
L’UCEI ha ricevuto e letto, come moltissimi altri nei giorni scorsi, l’appello promosso da un gruppo di accademici, intitolato “Tacciano le armi in Medio Oriente”, sollecitando una riflessione anche interna al mondo ebraico. Noi tutti abbiamo a cuore tanto l’esistenza dello Stato di Israele quanto la tutela dei diritti degli ebrei italiani. L’UCEI, assieme a tutte le Comunità, legge e ascolta gli appelli ma anche le grida di odio che si riversano anche sui social e media, e che sono divenute la nostra costante preoccupazione.
Ritengo che in una fase così drammatica come quella che stiamo tutti vivendo, in cui le tensioni politiche e militari sono sotto scrutinio continuo, l’unico vero appello che si possa fare è quello alla coraggiosa verità.
Esprimere un desiderio di pace per il Medio Oriente e attivarsi per condividere valori di convivenza e di profondità culturali e spirituali, per donare alla società e ai nostri figli una speranza di futuro, è quello che facciamo tutti i giorni nelle nostre preghiere e nelle nostre molteplici attività. Lo continueremo a fare per le comunità qui in Italia, in Europa e con forza e amore per Israele, unica democrazia nel Medio Oriente.
Certamente le critiche al governo israeliano e le riflessioni su ogni possibile misura alternativa sono legittime ed è giusto che vi sia uno spazio di dibattito, interno ed esterno all’ebraismo italiano, così come vi è in Israele, sui temi che tutti sentiamo come cardini della nostra identità. Il pluralismo delle idee e il confronto sono essenziali e nessuno intende fare tacere le voci che chiedono di fare tacere le armi.
Le voci che noi chiediamo di ascoltare sono quelle che però ad oggi non si sono lette quasi da nessuna parte, omesse, taciute, da intellettuali, da persone preposte alla comunicazione e da chi ha la possibilità, ancor più di noi, di rendere masse di persone informate e consapevoli dei veri fatti.
Immagini, spiegazioni, informazioni sui numeri dei civili e di combattenti presenti sul confine, modalità di organizzazione dei ripetuti attacchi da parte dei precettati palestinesi, modalità di preavviso da parte delle forze israeliane. Tutto questo è stato taciuto.
Armi, attacchi e massacri a civili che non erano “rinchiusi” in alcun campo e che vivevano da semplici cittadini nelle città e nei villaggi della Siria, Yemen, Turchia, Iran, Iraq e molti altri Paesi, degli ultimi anni, ancora ieri, ancora oggi. Tutto questo è stato taciuto.
Indagini, commissioni, inchieste, processi ai tribunali internazionali, risoluzioni Onu contro Israele. Tutto questo verso chiunque altro è stato ritenuto superfluo.
I valichi di accesso e canali regolarmente aperti per fare transitare mezzi di sostentamento, passaggio di civili verso ospedali per ogni cura. Tutto taciuto. La chiusura dei valichi da parte egiziana, scomoda trasparenza quindi taciuta.
La riflessione su cosa sarebbe poi successo se Israele avesse davvero deciso di fare tacere ogni arma non è mai stata coraggiosamente esaminata fino in fondo. Ma con chi stiamo parlando? Con chi ci stiamo confrontando? Quale lingua parliamo? Cosa davvero sarebbe successo alle nostre città e villaggi? Cosa è già successo molte volte ed è stato taciuto? Chi davvero vuole vivere? Chi davvero sogna una Tel Aviv anche a Gaza?
Qualsiasi sforzo teso al raggiungimento della pace in Israele e alla sicurezza dello Stato d’Israele è ovviamente il benvenuto, ma la nostra sfida comune, e mi rivolgo agli amici firmatari, non è quella di chiedere pace, o di fare sapere che si è più saggi e buoni degli altri ebrei, ma è quella di evitare che il desiderio di pace sia strumentalizzato e presentato come desiderio di guerra.
La nostra sfida è quella di affrontare l’immane distorsione da parte dei media e da parte delle più alte istituzioni politiche e religiose, nel mondo intero, e di far sì che chi legge comprenda davvero la situazione e i linguaggi e sia immerso nella realtà reale e non in quella virtuale che si è facilmente commercializzata.
La nostra è una resistenza culturale che il pluralismo deve aiutare a spiegare e non per far esaltare masse sopraffatte da vere armi dell’odio e che nessun appello mai ascolterà se non quello alla morte.
Mi dispiace constatarlo ma quella di Israele è anche una resistenza con le armi, perché la vita loro, nostra, dei figli, va difesa e la storia ci insegna che non bastano gli appelli.
Detto questo, ben venga ogni approfondimento e confronto e che si possa assieme davvero far comprendere che altro non desideriamo che la vita e la sicurezza, di Israele e dell’Europa tutta.
Noemi Di Segni, Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane