28 Febbraio 2018

L’ambasciatore israeliano in Vaticano Oren David risponde alle gravi dichiarazioni del custode di Terra santa Francesco Patton

Fonte:

Moked.it, www.osservatoreromano.va

Autore:

Daniel Reichel

L’ambasciatore David a Pagine Ebraiche

“Paragone con ebrei inaccettabile”

La risposta d’Israele alle chiese

L’ambasciata d’Israele presso la Santa Sede “deplora e rifiuta l’inaccettabile paragone” con la persecuzione ebraica fatta dai leader delle chiese cristiane a Gerusalemme. Rispondendo a una domanda di Pagine Ebraiche, l’ambasciatore israeliano in Vaticano Oren David ha sottolineato la gravità del comunicato firmato dal custode di Terra santa, Francesco Patton, dal patriarca ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III, e dal patriarca armeno di Gerusalemme, Nourhan Manougian, nella parte in cui arriva ad associare alcuni provvedimenti in materia fiscale delle autorità israeliane alle leggi che “furono promulgate contro gli ebrei in Europa nei periodi bui”. Se da una parte il governo israeliano e la municipalità di Gerusalemme hanno deciso di congelare le misure su tasse ed espropri per venire incontro alle proteste dei leader cristiani, dall’altra rimane la gravità dell’analogia in questione. “Deploriamo e rifiutiamo l’inaccettabile paragone fatto in questo comunicato, – ha dichiarato l’ambasciatore David a Pagine Ebraiche – tra una questione puramente amministrativa, anche se importante, e le persecuzioni disumane, causate anche da una legislazione antisemita, che gli ebrei hanno subito nel corso dei secoli in tutta Europa. Sembra che sia ancora necessario lavorare sulla conoscenza della storia, antica e moderna, per far ben comprendere cosa il Popolo Ebraico ha dovuto affrontare nei secoli”. Le misure contestate dai leader cristiani – in nessun modo assimilabili a quelle sofferte dagli ebrei nei secoli, anche da parte della Chiesa – sono due: la prima era quella proposta dal sindaco di Gerusalemme Nir Barkat che voleva applicare delle misure fiscali agli immobili delle Chiese quando destinati ad attività commerciali e non per fini di culto (una tassazione simile a quella prevista ad esempio in Italia per gli enti religiosi); la seconda, era un progetto di legge della Knesset, il parlamento israeliano, che voleva permettere allo Stato di confiscare i terreni venduti dalle chiese – in particolare dalla Chiesa greco-ortodossa – a investitori privati dal 2010 a oggi, pagando ai nuovi proprietari un indennizzo. Il governo israeliano ha deciso di congelare il disegno di legge mentre il comune di Gerusalemme rinvierà la riscossione delle tasse sui beni di proprietà della chiesa. “Nell’ambito della discussione tra l’Ufficio del Primo Ministro e il Comune di Gerusalemme sulle tasse comunali delle chiese, il Primo ministro Netanyahu e il sindaco di Gerusalemme Barkat hanno convenuto che un team professionale guidato dal ministro Hanegbi, che comprende rappresentanti dei ministeri delle Finanze, degli Affari Esteri e dell’Interno e del Comune di Gerusalemme, formulerà una soluzione alla questione delle tasse comunali (che non si applicano ai luoghi di culto). – si legge nel comunicato diffuso dall’ufficio del Primo ministro israeliano – L’equipe negozierà con i rappresentanti delle chiese per risolvere il problema”. “Israele – prosegue il comunicato – è orgoglioso di essere l’ unico paese del Medio Oriente in cui cristiani e credenti di tutte le fedi hanno piena libertà di religione e di culto. Israele è sede di una fiorente comunità cristiana e accoglie i suoi amici cristiani provenienti da tutto il mondo”. All’apertura decisa dalle autorità israeliana, i rappresentanti religiosi cristiani a Gerusalemme – che prima avevano parlato di una presunta “campagna sistematica contro le chiese e la comunità cristiana in Terra santa” – hanno risposto positivamente. “Dopo l’ intervento costruttivo del Primo ministro, le Chiese sono impazienti di impegnarsi con il ministro Hanegbi, e con tutti coloro che amano Gerusalemme, affinché la Nostra Città Santa, dove la nostra presenza cristiana continua ad affrontare delle sfide, rimanga un luogo dove le tre fedi monoteiste possano vivere e prosperare insieme”, hanno dichiarato i rappresentanti cristiani in una dichiarazione congiunta, annunciando anche la riapertura della Chiesa del Santo sepolcro, chiusa per protesta per tre giorni.

  • Qui di seguito il comunicato firmato dal custode di Terra santa, Francesco Patton.

Da: www.osservatoreromano.va

26 febbraio 2018

Pubblichiamo integralmente, in una nostra traduzione, la dichiarazione a firma del custode di Terra santa, Francesco Patton, del patriarca ortodosso di Gerusalemme, Teofilo iii e del patriarca armeno di Gerusalemme Nourhan Manougian in merito alla decisione di chiudere a tempo indeterminato l’accesso alla Chiesa del Santo Sepolcro. L’iniziativa è stata presa in segno di protesta a seguito della presentazione nella Knesset di un disegno di legge che prevede di poter espropriare le terre vendute dalle comunità religiose ai privati dopo il 2010 e per la decisione delle autorità locali di sottoporre a tassazione alcune attività gestite dalle stesse comunità. A seguito di questa dichiarazione, diffusa domenica scorsa, il parlamento israeliano ha deciso di rinviare l’esame del disegno di legge.

Noi, capi delle Chiese responsabili del Santo Sepolcro e dello status quo che governa i vari luoghi santi cristiani a Gerusalemme — il Patriarcato greco-ortodosso, la Custodia di Terra Santa e il Patriarcato armeno — seguiamo con grande preoccupazione la sistematica campagna contro le Chiese e le comunità cristiane in Terra Santa, in flagrante violazione del vigente status quo.

Di recente questa campagna sistematica e offensiva ha raggiunto livelli senza precedenti quando la municipalità di Gerusalemme ha emesso scandalose notifiche di riscossione e ingiunzioni di confisca di beni, proprietà e conti bancari delle Chiese per presunti debiti di tasse municipali punitive. Una misura che è contraria alla storica posizione delle Chiese in seno alla città santa di Gerusalemme e alle loro relazioni con le autorità civili. Queste azioni infrangono gli accordi esistenti e le obbligazioni internazionali che garantiscono i diritti e i privilegi delle Chiese, in quello che appare come un tentativo di indebolire la presenza cristiana a Gerusalemme. Le principali vittime di tutto ciò sono le famiglie povere che saranno private del cibo e dell’alloggio, oltre ai bambini che non potranno frequentare la scuola.

La sistematica campagna di abuso contro le Chiese e i cristiani sta ora raggiungendo il suo apice dal momento che si sta promuovendo una legge discriminatoria e razzista che prende di mira solo le proprietà della comunità cristiana in Terra Santa. Questa legge aberrante sarà esaminata oggi (domenica ndr) da una commissione ministeriale e, se approvata, renderebbe possibile l’espropriazione delle terre delle Chiese. Tutto ciò ci ricorda le leggi di natura analoga che furono promulgate contro gli ebrei in Europa nei periodi bui.

Questo attacco sistematico e senza precedenti contro i cristiani in Terra Santa viola gravemente i più fondamentali e ab antiquo diritti sovrani, calpestando la delicata trama di pluridecennali relazioni tra la comunità cristiana e le autorità. Pertanto, ricordando la Dichiarazione dei Patriarchi e dei Capi delle Chiese locali a Gerusalemme del 14 febbraio 2018, e la loro dichiarazione previa del settembre 2017, come misura di protesta, abbiamo deciso di compiere il passo senza precedenti di chiudere la Chiesa del Santo Sepolcro. Insieme con tutti i capi delle Chiese in Terra Santa restiamo uniti, fermi e risoluti nel tutelare i nostri diritti e le nostre proprietà. Possa lo Spirito santo ascoltare le nostre preghiere e offrire una soluzione a questa crisi storica nella nostra città santa.