Fonte:
Moked.it
Autore:
Alberto Cavaglion
Magro Guadagnino
Il personaggio dell’ebreo in Italia davvero fatica ad uscire dagli stereotipi. Lo ha scritto su questo portale Asher Salah a margine di “Romanzo famigliare”. Peggio che nella fiction televisiva vanno le cose in un film che ho visto questa settimana. Luca Guadagnino, con “Chiamami con il tuo nome”, candidato all’Oscar, descrive una improbabile famiglia ebraica e un improbabile giovane studente ebreo americano, tali solo per la stella di David che portano al collo. Non è in questione nemmeno il feuilleton: l’ebraismo è poco più di un’etichetta simile ad altre: il tema della vita agreste, il tema dell’omosessualità. Si è fatto il nome di Bertolucci, ma qui c’è ben poco di “Novecento”. Il fattore con il suo pesce, la cuoca. Mancano gli odori, i sapori, la musica, la profondità psicologica. Per fortuna nessuno ha nominato Visconti, che ha diritto di essere lasciato riposare in pace: la figura vacua e vanesia dell’intellettuale-archeologo non è comparabile con il protagonista di “Morte a Venezia”. Il professore ebreo ha una faccia imbambolata anche quando ammira una specie di bronzo di Riace che emerge dal lago di Garda. Urge il supporto di un bravo archeologo. Scena improbabile quanto la Hanukkah accesa nella sequenza finale. Si esce di sala delusi davanti ad un film ambizioso e inautentico. Magro Guadagno, o meglio, magro Guadagnino.