Fonte:
Il Foglio
Autore:
Alessandro Litta Modignani
Aa. Vv. Ebreo chi? Sociologia degli ebrei italiani oggi Jaca Book, 330 pp., 35 euro
Ma tu sei ebreo? non è una domanda come tutte le altre. E’ un interrogativo che genera “imbarazzo”, avverte Furio Colombo nella prefazione, e sulla natura profonda, intima, di questo imbarazzo è necessario scavare e riflettere. Va a Ugo Pacifici Noja e Giorgio Pacifici, i due curatori, il merito di avere assemblato in questo volume collettaneo e multidisciplinare un forte mix di contributi scientifici e di testimonianze di alto valore morale. I coautori sono 16, il focus è sugli ebrei italiani, ma molte considerazioni sull’identità ebraica e l’antisemitismo hanno carattere generale. Analizzando i dati statistici, si scopre per esempio che circa il 50 per cento degli ebrei italiani dichiara di avere un livello di osservanza religiosa medio-bassa, bassa o nulla. Oppure che il 73 percento degli ebrei americani indica il primo significato dell’identità ebraica nel “Remembering Holocaust”, risposta che scende sotto il 20 per cento per gli ebrei italiani. Sergio Della Pergola riprende i complessi e sofisticati sondaggi internazionali dell’Anti Defamation League. Nel 2013-14 poteva essere classificato come “antisemita” il 26 per cento della popolazione mondiale, percentuale che sale al 74 per cento in medio oriente e nord Africa e che si attesta al 24 per cento in Europa occidentale. In Italia la media era al 20 per cento — è salita però al 29 solo un anno dopo. Lo storico Claudio Vercelli, fra i massimi esperti di genocidi e negazionismo, affronta i temi di più bruciante attualità, dai processi migratori ai fenomeni populistici. “L’insediamento di comunità provenienti dal Mediterraneo meridionale e dall’ampia regione mediorientale (…) influisce (…) anche sulle dinamiche di formazione, rinegoziazione e diffusione di pregiudizi antichi”. Per fornire una definizione, Vercelli scrive che “si ha antisemitismo quando vi è la diffusa convinzione che la storia umana sia attraversata e condizionata in maniera permanente, da una cospirazione tramata nell’ombra dall’ebraismo ai danni dei non ebrei”, cospirazione che “avrebbe come obiettivo il conseguimento di un potere di controllo, se non di dominio, pressoché assoluto sull’intera comunità umana. (…) La nascita di Israele viene letta come una peculiare manifestazione di questo processo di ‘rivelazione’ della intrinseca malignità degli ebrei”. Alcune suggestioni di questo tipo, aggiunge Vercelli, si possono riscontrare nei richiami anti politici dei movimenti populisti europei e italiani. “E’ infatti tipico della stereotipia antisemitica l’identificare la politica democratica come prodotto della corruzione e dell’affarismo”, una concezione “storicamente propria di quei ceti che hanno faticato a definire un ruolo economico e un profilo culturale certi”. Nelle conclusioni, Giorgio Pacifici sottolinea la pericolosa interazione fra due stereotipi profondi: “Avarizia, ricchezza e potere” costituiscono un insieme strettamente interconnesso con la presunta “estraneità della comunità ebraica italiana, il suo essere altro’ rispetto alla collettività nazionale. (…) Un’immagine indubbiamente banale, ma pericolosa soprattutto in un momento storico come quello presente”.