16 Luglio 2017

Intervista all’assessore monzese simpatizzante del movimento Lealtà e Azione

Fonte:

Il Giorno Monza Brianza

Andrea Arbizzoni: «Naziskin chi?»

Ecco la destra dell’assessore ultras

L’agitatore dei Sab, frangia alcolica’ del tifo biancorosso, si racconta

MONZADALLA CURVA sud degli ultras del Monza alle prime pagine dei giornali, additato come pericoloso naziskin.

ANDREA ARBIZZONI, neoassessore allo Sport nella Giunta di centrodestra guidata da Dario Allevi – noto soprattutto tra gli agitatori in maglietta nera dei Sab (acronimo di «sempre al bar», la tifoseria alcolica’ biancorossa) – è finito invece alla ribalta delle cronache per il suo passato e il suo presente politico. Quarantasei anni, in Municipio da dieci – prima come capogruppo di An e poi come assessore del Pdl – vicino a Lealtà e Azione, è accusato di avere preso gran parte dei suoi 455 voti soprattutto grazie alla sua dimestichezza col saluto romano. «Mi stupisco del loro stupore», dice l’interessato riferendosi ai titoli della stampa nazionale. E con lui si sono stupiti – e hanno solidarizzato – molti avversari militanti nel centrosinistra.

Assessore, può definirsi nazista ed eversore?

«Già nel 2011, quando partecipai all’inaugurazione della sede di Lealtà e Azione a Monza, un consigliere dell’opposizione chiese al sindaco Mariani che cosa ne pensasse. Lui rispose: e allora? Io mi sono sempre mosso alla luce del sole. Lealtà e Azione è un’associazione culturale, con loro ho fatto diverse iniziative di solidarietà con le famiglie in difficoltà e per i bimbi della Palestina».

La sua è una storia partita dal Fronte della gioventù…

«I miei riferimenti culturali sono stati la nuova destra francese, Marcello Veneziani, i Campi Hobbit. Negli anni Novanta, io come tanti altri del Fronte della Gioventù volevamo toglierci di dosso lo stereotipo dei neofascisti nostalgici brutti e cattivi. Sandro Curzi fu tra i primi ad arrivare alla Rotonda della Besana a fare da moderatore a un nostro dibattito. Non ero neonazista o nostalgico prima e non lo sono ora, nel 2017. Leggo Marcuse e Che Guevara, e mi piace Gramsci».

Un tifoso ultras come assessore: ci si vede?

«Il Monza è una passione e mi piace anche per questo fare l’assessore allo Sport».

Lei arriva da San Rocco, una periferia spesso dimenticata, ex fortino rosso in città. Ed è passato dalla destra sociale

«San Rocco è un quartiere di frontiera. Con chi ha amministrato la circoscrizione dalle fila del Pci ci conosciamo da una vita. Partiamo da posizioni differenti ma il rispetto non è mai mancato. Ora la sfida è non abbandonare queste periferie».

Ma cosa fa con Lealtà e Azione?

«Con i ragazzi abbiamo messo in piedi un progetto di cooperazione. Si raccolgono prodotti alimentari per le famiglie, si svolgono attività con i bambini di Betlemme, tornei di calcio con bambini disabili. Lealtà e Azione è una piattaforma culturale e si differenzia da CasaPound, che al contrario vuole entrare in politica».

Ma lei l’ha fatto il saluto romano?

«Il saluto romano si fa in una sola occasione al campo 10 del Monumentale. E un saluto militare che si rivolge solo ai caduti dall’altra parte. Era un principio base del Msi nel ’46: non rinnegare, non restaurare. Quel principio 70 anni dopo vale doppio. Il fascismo non è mai stato storicizzato ma viene agitato da chi lo utilizza per cercare di tenere unita un’area che unita non è più».

Quindi?

«Quindi il saluto romano va confinato in un saluto militare e basta. Il vero pericolo, nato da un errore storico di Pci e Msi, sta nel demonizzare le frange più estreme, con il risultato che poi si finisce per non controllarle più. Al contrario bisogna portarle a partecipare al gioco democratico. Emarginarle rischia di diventare molto pericoloso».