Fonte:
La Stampa
Autore:
Giordano Stabile
Gerusalemme, il no dell’Italia alla risoluzione dell’Unesco
Alfano: “Voto altamente politicizzato”. A ottobre Roma si era astenuta
L’Unesco torna a condannare Israele su Gerusalemme ma questa volta il fronte del «no» si allarga e comprende anche Italia e Germania. Per il governo di Benjamin Netanyahu è una mezza vittoria. Anche perché, fra i Paesi dell’Unione europea, sei hanno votato contro, e quattro si sono astenuti, ribaltando l’esito della votazione di ottobre quando in maggioranza non avevano espresso posizione. Tra i dieci che si sono opposti ci sono Stati Uniti, Gran Bretagna, Grecia, Lituania, Paesi Bassi. Ventitré gli astenuti, comprese Francia, Spagna ed Estonia. Nel complesso il testo è passato con 22 voti a favore, 10 contrari, 23 astensioni.
II ruolo italiano
Nello schieramento europeo a favore di Israele ha pesato il ruolo dell’Italia. A ottobre Roma si era astenuta ma poi aveva corretto il tiro e promesso allo Stato ebraico un atteggiamento più netto. Fino all’ultimo momento, però, la Farnesina appariva isolata fra i partner Ue. Berlino, che ha mediato a lungo con le controparti arabe per ammorbidire il testo, sembrava orientata all’astensione e a trascinarsi dietro gli altri. In mattinata però il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha anticipato che l’Italia si sarebbe opposta. L’annuncio, secondo fonti diplomatiche, ha avuto l’effetto sperato e «altri Paesi hanno seguito l’Italia». Alfano ha poi avuto una conversazione telefonica con Netanyahu. «Poco prima del voto – ha raccontato – avevo annunciato al primo ministro la nostra decisione di votare contro la risoluzione, altamente politicizzata». E il leader israeliano ha «ringraziato l’Italia per questa scelta che rappresenta un esempio».
Dietrofront tedesco
Fra gli altri Paesi c’è anche la Germania. A ottobre aveva detto no e ora rischiava di ritrovarsi a parti invertite rispetto all’Italia. È probabile che la scelta italiana l’abbia spinta ad adeguarsi, dopo una settimana burrascosa nei rapporti con lo Stato ebraico. La visita del ministro degli Esteri Sigmar Gabriel in Israele era finita con un mezzo incidente diplomatico. Gabriel ha insistito nel voler incontrare le ong pacifiste che difendono i palestinesi nei Territori occupati e Netanyahu si è rifiutato di vederlo.
II fronte arabo
II vero motivo dello scontro era la posizione tedesca su Gerusalemme. Berlino aveva ottenuto dai Paesi arabi che presentavano la risoluzione – Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Oman, Qatar, Sudan – alcuni cambiamenti significativi, come la cancellazione del passaggio che negava il legame fra il popolo ebraico e la Città Vecchia. Restavano però parti inaccettabili per Israele. Soprattutto i passaggi che lo accusano di essere «una potenza occupante, che ha modificato o cerca di modificare il carattere e lo status della Città Santa». Nonostante l’opposizione israeliana e la mediazione europea, queste parti del testo sono rimaste e ora costituiscono un ostacolo legale per le politiche nella città che Israele considera sua capitale «unica e indivisibile».
L’ambasciata Usa
Da Washington, intanto, arriva un’altra buona notizia per Netanyahu: il vicepresidente Usa Mike Pence ha fatto sapere di stare considerando seriamente l’ipotesi di spostare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme