Fonte:
La Repubblica
Autore:
Gabriele Isman, Giovanna Vitale
Intervista a Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma
“Ci chiamano stranieri così negano la storia”
ROMA. «Come italiana e come romana non mi sento più rappresentata dall’Anpi che nega l’importanza del contributo degli ebrei romani e della Brigata ebraica alla Lotta di liberazione dal nazifascismo». L’ultimo corteo del 25 Aprile a cui gli ebrei della Capitale hanno partecipato è del 2014, quando vi furono momenti di tensione con sostenitori filo-palestinesi, ma quello di Ruth Dureghello – 50 anni, da due presidente della comunità ebraica romana – è un passo ulteriore.
Presidente, ritira la patente della memoria all’associazione partigiani?
«Non mi riconosco nei valori, se non comprendono il contributo degli ebrei romani e della Brigata, con la comunità paragonata a un’associazione straniera ed equiparata alle associazioni filo palestinesi, eredi del Gran Mufti di Gerusalemme che si alleò con Hitler. L’Anpi romana nega verità storiche e culturali e si pone fuori dalla storia, smettendo di rappresentare i veri partigiani».
Eppure dopo l’assenza degli ultimi due anni, un dialogo tra comunità e Anpi era iniziato. Cosa è successo?
L’Italia non ha ancora fatto i conti con la propria storia e le proprie responsabilità: riconoscersi nei valori della Costituzione e del nostro Paese è qualcosa a cui non vogliamo rinunciare o, peggio ancora, che siano usati contro di noi. Non l’avrebbero permesso i partigiani e non lo permettiamo noi oggi».
Quali le condizioni irrinunciabili per una manifestazione unitaria del 25 aprile a Roma?
«Cosa c’entrano le associazioni filo palestinesi col 25 aprile? Nessuno nega i diritti a manifestare, ma i connotati della Liberazione sono definiti da 70 anni di ricerche storiche. Chi ha combattuto per liberare Roma e l’Italia dal nazifascismo non sfila accanto a chi rivendica cause diverse. Ebrei romani e Brigata c’erano, come gli eserciti di altri Paesi che fecero scelte di campo e valori. Non posso dire altrettanto di quelle associazioni». (Gabriele Isman)
Intervista a Carlo Smuraglia, presidente dell’ANPI
“Aperti al confronto ma niente esclusioni”
ROMA. «Abbiamo fatto ogni sforzo per trovare una soluzione: mesi fa avevamo invitato la Comunità ebraica, all’inizio sembrava profilarsi una possibilità concreta, poi però qualcuno ha posto come condizione che non ci fossero i filo-palestinesi. E noi abbiamo spiegato che non eravamo in grado di garantirlo. Come si fa a escludere qualcuno da una manifestazione pacifica e aperta a tutti i cittadini?». Carlo Smuraglia, presidente nazionale Anpi, è scosso dalla polemica, ma declina ogni responsabilità.
Sicuro che non si potesse trovare un accordo?
«Guardi io stesso a giugno, non ieri, ho scritto una lettera alla Comunità ebraica e all’Aned, l’associazione degli ex deportati, proponendo un incontro per sanare le incomprensioni che già l’anno scorso avevano portati a non partecipare al corteo. L’Aned ci ha risposto, la Comunità no».
Ma quella di De Sanctis non è stata una provocazione?
«Parlerei di dolorosa constatazione. Se tutti avessero accolto il nostro invito a giugno, forse le cose oggi sarebbero andate diversamente. Ma sei io voglio che il 25 Aprile sia la Festa della Repubblica e della Costituzione, devo contribuire, non arrivare alla vigilia per creare l’incidente».
Gli ebrei si sentono offesi dalla presenza di associazioni che nulla hanno a che fare con la Liberazione.
«La verità è che si pretende dall’Anpi un’organizzazione a difesa del corteo, che non c’è. Noi possiamo dare solo l’indicazione di non portare bandiere che non siano quelle della Resistenza. Riteniamo di aver fatto tutto il possibile».
Ma perché il corteo unitario del 25 Aprile è possibile a Milano e a Torino, e a Roma no?
«Il problema è che qui ci sono incrostazioni e diffidenze tra chi vuole esserci per rivendicare la sua presenza e altri che vorrebbero escludere».
Anche il Pd ha scelto di disertare. Non sarà colpa delle scorie lasciate dalla battaglia referendaria?
«Spero di no. Spero che sia tutto dietro le spalle. Certo mi sembra una cosafuori dalla norma è divisivo chi sceglie di non partecipare, non chi invita tutti a farlo. E se ne assume la responsabilità». (Giovanna Vitale)