Fonte:
Corriere della Sera
Autore:
Stefano Montefiori
«Giro la Francia a piedi per dire no a mio fratello stragista»
Da Marsiglia a Parigi 5 anni dopo il massacro alla scuola ebraica
Parigi. Cinque anni fa, la mattina del 19 marzo 2012, Mohamed Merah arrivò con il suo scooter alla scuola ebraica Ozar Hatorah di Tolosa. Tirò fuori la pistola davanti all’ingresso e uccise subito l’insegnante Jonathan Sandler e uno dei due suoi figli, Aryeh, 6 anni. L’altro bambino, Gabriel, 3 anni, venne ammazzato mentre gattonava verso il corpo del padre. Poi l’assassino entrò nel cortile della scuola e rincorse Myriam Monsonégo, 8 anni, figlia del direttore. La agguantò per i capelli quando la pistola si inceppò. Cambiò arma e uccise la bambina sparandole alla tempia. Nei giorni precedenti Mohamed Merah aveva già ucciso tre soldati a Tolosa e Montauban: Imad Ibn Ziaten, Abel Chennouf e Mohamed Legouad. Ieri, esattamente cinque anni dopo, suo fratello maggiore Abdelghani Merah è arrivato a Parigi dopo una marcia a piedi di due mesi, da Marsiglia alla capitale, «contro l’antisemitismo e l’integralismo islamico».
Abdelghani Merah è l’unico della famiglia a essersi sempre opposto alla deriva islamista del fratello. Fu lui, nel 2002, ben prima dei fatti di Tolosa, a segnalare — invano — la radicalizzazione di Mohamed alle autorità. Nelle scorse settimane, con zaino, sacco a pelo e cuffie, Abdelghani ha percorso più di mille chilometri attraverso la Francia per rivolgersi ai giovani musulmani: «Combattete, uscite dal ghetto, fate saltare le barriere!». Musulmano anch’egli, invoca la ribellione contro i predicatori della jihad. Abdelghani prova a togliere al cognome Merah i due significati ai quali è associato: orrore e, per quanto possa sembrava spaventoso e incomprensibile, eroismo. «Merah» evoca immediatamente il Male presso quasi tutti i francesi, che cinque anni fa impararono a conoscere per la prima volta i terroristi islamici pronti a colpire il Paese dove erano nati, come poi avrebbero fatto altre volte con gli attentati a Charlie Hebdo, al supermercato ebraico, al Bataclan, a Nizza. Ma in certi quartieri di periferia il cognome Merah è anche quello di un eroe, il primo di tanti martiri islamici che sono riusciti a versare il sangue dei «miscredenti». E se c’è una famiglia dove Mohamed gode ancora di venerazione è proprio quella dei Merah. La storia di Abdelghani è quella di un ragazzo cresciuto nello stesso ambiente degradato dei fratelli, della sorella e dei genitori arrivati dall’Algeria, analfabeti, imbevuti di odio contro gli ebrei e felici di festeggiare l’11 settembre. Il libero arbitrio gli ha fatto prendere una strada diversa.
Nel 2003 Abdelghani Merah ha sposato una donna nipote di un ebreo. La famiglia non l’ha presa bene. «Chiamavano mio figlio “il bastardo”. Mia madre parlava di mia moglie come della “sporca ebrea”», ha raccontato Abdelghani a France Info. Durante una lite scoppiata su questo argomento Abdelghani venne accoltellato dal fratello Abdelkader, che in ottobre verrà processato per complicità con Mohamed nella strage di Tolosa. Dopo la morte di Mohamed Merah nel raid delle forze speciali, Abdelghani accettò di riprendere con una telecamera nascosta la sorella Souad: «Sono fiera di Mohamed, ha combattuto fino alla fine — disse Souad —. Penso solo del bene di Bin Laden, l’ho detto ai poliziotti e posso dirlo anche a te. Sono fiera, fiera, fiera». Per la famiglia, gli jihadisti e i loro simpatizzanti, Abdelghani Merah è un traditore. Lui lo sa e, nonostante quel cognome, cerca il rispetto degli altri. Ma non è facile. Ieri a Tolosa si svolgeva la commemorazione delle vittime della scuola ebraica. Samuel Sandler perse il figlio e i due nipoti, e dice: «Sono scioccato. Scegliere il 19 marzo per concludere la marcia a Parigi… In questo modo il nome di Merah verrà messo ancora davanti a quello delle vittime. È un’indecenza».