Fonte:
www.revuedesdeuxmondes.fr
Autore:
Xavier Colas
Hoax: “Il complottismo è un classico delle ideologie più estreme”
Arnaud Mercier, professore presso l’Institut français de presse di Parigi e presidente del sito web The Conversation France , decodifica le cause e le conseguenze della massiccia diffusione di informazioni false sul web.
Se le dicerie sono insite alla storia politica moderna e contemporanea, i venditori ambulanti di opuscoli e altri libelli del XVI secolo, sono comparsi con lo sviluppo della stampa, rappresentando i piccoli artigiani della calunnia immune a qualunque bufala.
“Papa Francesco esorta a votare Donald Trump” o ancora ” I Clinton si offrono una sontuosa dimora da 200 milioni di dollari alle Maldive” … queste false informazioni che circolano sul web hanno, in effetti, invaso i social network durante la campagna elettorale degli Stati Uniti. Sul primo di essi, Facebook (1,7 miliardi di utenti attivi in tutto il mondo), le teorie del complotto hanno particolarmente imperversato nell’aria negli ultimi tre mesi precedenti l’elezione di Donald Trump. Al punto di generare, in questo periodo, più interazioni sul social network che informazioni diffuse dai media tradizionali.
A credere al sito americano BuzzFeed, le venti storie più false pubblicate su Facebook sono state condivise e commentate più di 8,7 milioni di volte. Allo stesso tempo, i venti articoli meglio classificati, provenienti da siti di notizie tradizionali e considerati seri, come ad esempio il New York Times o il Washington Post, hanno generato “solo” 7,4 milioni di interazioni.
Arnaud Mercier, professore presso l’Institut français di Parigi e presidente del sito web The Conversation France, ritiene che la diffusione di queste bufale rientra in un meccanismo socio-psicologico di rafforzamento delle convinzioni in cui la veridicità dei fatti sia di poca importanza.
La Revue des Deux Mondes – Perché le bufale hanno tanto successo?
Arnaud Mercier – Le bufale politiche servono principalmente a denigrare un avversario, cancellando ciò che ha fatto, distruggendo la sua immagine o quella del suo partito, con la diffusione su grande scala di informazioni false. Ciò non è nè più nè meno che l’applicazione del famigerato “calunniate, calunniate, resterà sempre qualcosa” su scala digitale. Non va dimenticato poi che il rafforzamento delle convinzioni svolge un ruolo importante nella raccolta di informazioni degli utenti di Internet. Questi tendono principalmente (se non esclusivamente, alcuni) a ricercare informazioni che possano suffragare le proprie scelte ed evitare di andare contro le proprie convinzioni, confrontandosi con quello che gli psicologi sociali chiamano “dissonanza cognitiva” o dati che contraddicono le nostre convinzioni e le nostre strutture interpretative.
Le bufale permettono appunto di non cimentarsi contro la propria dissonanza cognitiva, anche a costo di trasmettere qualsiasi cosa. Invece di andare verso la verità, con il rischio di dover rivalutare certe certezze, ci si dirige verso qualsiasi contenuto in grado condividere appieno il proprio punto di vista, e più conferma ciò in cui crediamo più lo si giudica credibile. La veridicità delle informazioni quindi non ha più nessuna importanza, è sostituita dalla concordanza, la concordanza tra ciò che leggiamo e ciò in cui crediamo.
La Revue des Deux Mondes – Opuscoli, pubblicazioni, caricature, voci e falsi allarmi sono tutto salvo che novità. Cosa cambia oggi?
Arnaud Mercier – Le pubblicazioni, gli opuscoli e le caricature del re che circolavano in epoca pre-rivoluzionaria si diffondevano, di mano in mano, e grazie ai venditori ambulanti. Oggi, le bufale sono in grado di raggiungere in un istante milioni di persone attraverso gli effetti virali dei social network. È come se le chiacchierate da caffè si facessero oramai in un bar diventato globale. Oltre a questo evidente ridimensionamento, i social network sono anche potenti strumenti di disintermediazione giornalistica.
Qui veniamo alla differenza fondamentale tra queste bufale e ciò che abbiamo conosciuto in passato in materia di dicerie. D’ora in avanti, tutti sono potenziali produttori e diffusori di informazioni o di quel che ci sarà, in ogni caso etichettati come tali. Un meme o un video possono bastare a creare una voce. Questa massificazione delle fonti è indissociabile dalla crescita delle bufale, grazie a degli utenti divenuti al tempo stesso consumatori e attori della disinformazione. I siti d’informazione parodistica, che deridono regolarmente i codici dei mezzi d’informazione, mantengono del resto una specie di zona cuscinetto tra l’informazione seria, convalidata da giornalisti di professione, e la disinformazione. Essi confondono i confini, e creano, loro malgrado, un continuum tra informazione e diceria.
La Revue des Deux Mondes – Chi trae vantaggio da queste bufale?
Arnaud Mercier – la diffusione di false informazioni e di teorie del complotto è un classico delle ideologie più estreme, in particolare nell’estrema destra dove l’opinione di un nemico che non dice mai come si chiama è ricorrente. L’Ebreo o il massone, subdolo, nasconde il suo dominio, il musulmano inizia una cosiddetta grande sostituzione della popolazione. C’è, dietro a questa visione darwiniana delle cose, l’idea di una lotta per la sopravvivenza della “razza bianca” e della Francia. Un pericolo di cui le élite non avrebbero preso la misura. La denuncia radicale del rischio presunto è associato a una critica dei mezzi d’informazione, non tanto per quello che dicono, ma soprattutto per quello che non dicono. Di fronte a tale minaccia e cecità delle élite (se non la complicità dei media), tutti i colpi sono permessi, la virulenza diventa un imperativo.
Se occorre mentire e avvelenare, è in debita proporzione alle menzogne che ci servono, tutto sommato. Ne consegue una marea di false informazioni, diffamazioni e la comparsa di personaggi immaginari. E’ il caso del personaggio “Ali Juppé”, immaginato dalle formazioni identitarie, o ancora dei ripetuti attacchi contro Christian Estrosi, nelle ultime elezioni amministrative, presentato da attivisti di estrema destra come un islamista, perché non si sarebbe sufficientemente opposto all’apertura di una moschea nella sua città.
La Revue des Deux Mondes – queste false informazioni possono interferire nel processo elettorale?
Arnaud Mercier – difficile da dire. La questione posta dalle bufale interroga più ampiamente sulla relazione tra le informazioni ricevute e la determinazione delle preferenze elettorali. Per gli indecisi, la ricerca di informazioni può essere decisiva nell’orientamento al voto. Ma non si tratta della maggioranza dell’elettorato. In generale, la decisione si prende a partire da altri elementi: socializzazione politica, odio di un avversario, appartenenza di parte, gli interessi economici, etc. La raccolta di informazioni, vere come false, fa parte dei fattori d’influenza al voto, ma non è una priorità. Ma è certo che una campagna diffamatoria on line, ben orchestrata e mirata, lascia sempre delle tracce sull’immagine di un politico.