11 Novembre 2016

Soddisfazione dell’ambasciatore Sandro De Bernardin per l’assegnazione all’Italia della presidenza International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA)

Fonte:

Moked.it

Autore:

Ada Treves

Lega internazionale per la Memoria

“Presidenza italiana, segno di fiducia”

È grande la soddisfazione che traspare dalle parole dell’ambasciatore Sandro De Bernardin, capo della delegazione italiana presso la International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) che – come è stato da poche ore annunciato, assumerà nel 2018 la presidenza dell’ente intergovernativo: “Si tratta senza dubbio di un riconoscimento importante per il lavoro fatto in questi anni dall’Italia e di come il nostro operato all’interno dell’IHRA goda di stima e grande credibilità. Non è semplice gestire la presidenza, e prendo questa conferma come un gesto di grande fiducia nel nostro operato, e come una responsabilità importante”. Non è ancora definitivo il programma, su cui la delegazione italiana sta lavorando in accordo con il ministro Giannini – in Italia è del Miur la competenza sull’IHRA – e anche se ci sono già diverse ipotesi bisognerà aspettare ancora qualche settimana per avere un quadro preciso. Certo è che saranno due le riunioni plenarie organizzate nel nostro paese nel 2018, e una di queste sarà sicuramente a Roma: “Anche se siamo ancora nella fase della riflessione posso anticipare che il focus del nostro lavoro sarà, come è naturale, un proseguimento dell’impegno sul fronte dell’educazione, che è uno dei pilastri del lavoro italiano, e sicuramente daremo rilievo all’anniversario della promulgazione delle leggi razziste del 1938. Una ricorrenza dal grande valore simbolico che trovo molto importante sia sottolineata anche dalla presidenza italiana dell’IHRA”.

Oltre all’annuncio della presidenza italiana – che arriva dopo quella ungherese del 2015, la responsabilità rumena per l’anno in corso e la Svizzera che prenderà in mano il coordinamento a marzo del 2017 – l’ambasciatore De Bernardin ha ricordato gli argomenti principali discussi nella riunione plenaria che si è appena chiusa a Iasi, in Romania. “Abbiamo avuto la conferma che l’utilizzo della moral suasion funziona: le delegazioni sono composte di diplomatici, di tecnici, di persone che vengono sia dal mondo delle organizzazioni non governative che dal mondo istituzionale, e il lavoro è condiviso su tutti i fronti. Ma alla fine sono i diplomatici che devono fare il miglior uso possibile di imput e proposte. E funziona”. Un esempio recente ne è il risultato ottenuto con la Repubblica Ceca, nell’ambito del monitoraggio sui siti della Memoria: dopo la contestazione del fatto che a Lety su un luogo di sterminio era stata costruito un allevamento di maiali ha ottenuto, tramite pressione sui canali diplomatici, la garanzia del suo smantellamento e della riconversione del sito dopo che il governo avrà provveduto all’acquisto del terreno.

Costante anche il monitoraggio del lavoro svolto sui paesi membri, che a turno si sottopongono a una valutazione, accompagnati nel percorso da altre due delegazioni, per arrivare a meglio comprendere punti di forza e punti di debolezza. “Si tratta di un procedimento importante e interessante, che ha portato la qualità del dibattito a un livello notevole: una volta risposto al questionario specifico i paesi che fanno da relatori mandano le prime osservazioni, il tutto viene rivisto e poi dibattuto in plenaria. Questa volta, in particolare, i paesi sottoposti a esame hanno mostrato come la pressione dell’IHRA abbia indotto a migliorare di molto la situazione. È necessario questo tipo di monitoraggio soprattutto per i paesi dell’Europa orientale, che hanno un cammino più lungo da percorrere. Il trend è decisamente positivo”. Molte le discussioni portate avanti nei gruppi di lavoro dedicati ai progetti accademici, con particolare attenzione per la ricerca storica, e la continuazione del dibattito centrato sulla necessità – o meno – di sottolineare sistematicamente l’unicità della Shoah. Due sono i filoni tradizionali quando si parla di Shoah, e accanto alla posizione che considera imprescindibile l’accento sulla sua unicità, non discutibile e non diluibile, esiste una corrente che spinge sulla necessità di mantenere evidente anche una sensibilità su altre forme di genocidio, in una sorta di senso di responsabilità che porti a sottolineare la similitudine con altre situazioni, con il preciso scopo di fare da antidoto al ripetersi di simili eventi. E l’ambasciatore De Bernardin ha ribadito che non si è arrivati ad una conclusione – va ricordato che l’IHRA opera solo all’unanimità – ma il dibattito è stato estremamente interessante e proficuo. L’attenzione della plenaria è stata poi portata anche sulla necessità di garantire la libertà della ricerca storica, un argomento sempre complesso e importante che in alcuni casi necessita di sostegno. E anche in questo genere di situazioni i canali della diplomazia e la rete IHRA sono attivi e pronti a intervenire ovunque sia necessario garantire il rispetto per una libertà così fondamentale, a dimostrazione ulteriore di come sia possibile portare avanti un lavoro importante senza creare casi polemici che potrebbero sfociare in difficoltà ancora maggiori.