22 Giugno 2016

Commento della storica Anna Foa alla nuova legge contro il negazionismo

Fonte:

L'Osservatore Romano

Autore:

Anna Foa

Serviva una nuova legge?

Abbiamo bisogno di studiare e di trasmettere È l’unica strada e non ce n’è un’altra Si possono e si devono punire gli atti di razzismo ma le opinioni anche se assurde si combattono soltanto con la conoscenza

Ma quando è che abbiamo cominciato ad avere bisogno di leggi e tribunali per difendere la memoria e la realtà storica, quando è che alla storia si è sostituita la minaccia della legge? Molti sono gli argomenti che si possono opporre alle formulazioni di questa legge. Il primo, e il più importante, è quello che si punisce un reato di opinione, in deroga ai principi fondamentali di ogni Stato democratico. Si entra nel campo della libertà di opinione e di espressione, e quel che è peggio lo si fa per difendere la verità storica, non per limitarne o impedirne la conoscenza. Lo si fa, potremmo dire, a fin di bene. Ma è davvero questo il risultato? Né la verità storica della Shoah e degli altri genocidi del Novecento, che la legge vorrebbe tutelare, né la loro memoria sono davvero garantiti da una norma di questo genere. Si penserà che se sono necessari i tribunali, è perché non bastano le prove storiche. Nessuno si soffermerà a riflettere sul fatto che la Shoah, per parlare solo di quella, è l’evento storico più documentato della storia. Che per negarla occorre negare radicalmente non quella documentazione, ma il valore di ogni documentazione, la possibilità di affidarsi a ogni tipo di documento, ai testimoni, alla memorialistica, all’archeologia che va dissotterrando i resti delle camere a gas e dei forni crematori. No, tutti penseranno che si è ricorsi ai tribunali perché non c’erano prove storiche. E, sull’onda del diffuso clima complottistico che affiora da ogni parte, si propenderà a sospettare un complotto degli “sterminazionisti”, per usare l’orrendo linguaggio dei negazionisti. Ancora peggio, nessuno si fermerà a riflettere sul fatto che la legge si riferisce in genere ai genocidi e alle violenze di guerra, e non solo alla Shoah. Fin dall’inizio della sua discussione, è stata definita come la legge contro il negazionismo, dando per implicito che stiamo parlando di Irving, Faurisson, e forse nel loro piccolo dei negazionisti italiani, e non di altro. Cioè, degli ebrei. E il fatto che il mondo ebraico, vedendovi un presidio alla memoria della Shoah, l’abbia salutata con entusiasmo, non fa che accrescere questa percezione che si tratti di una legge fatta per gli ebrei. Non credo che gli ebrei, dopo la Shoah, abbiano anche bisogno di passare alla storia come gli ispiratori di una legge contro la libertà di espressione. L’antisemitismo crescerà e il negazionismo, pervaso dall’aureola del martirio, farà nuovi proseliti. E ancora. Chi deciderà se un libro, un articolo, un film possono o meno essere considerati “negazionisti”? i giudici istruttori? Mi sembra assai difficile, e in ogni caso non vedo come ne abbiano la competenza. Gli storici? Ancora meno probabile, dovremmo postulare l’esistenza di storici di serie A, in grado di esercitare una sorta di censura sui prodotti della storiografia. Delle apposite commissioni ministeriali? Ma in questo modo, si torna all’imposizione di verità di Stato, con gravi limiti non solo alla libertà della ricerca ma alla libertà tout court. E in tutto questo, mentre ci affanniamo a separare il grano dal loglio, si continuerà a credere che l’insegnamento, la ricerca, il lavoro fatto con gli studenti sia importante? O si delegherà ai tribunali ogni azione in questo campo? In parte per paura di sbagliare e di scrivere cose non ortodosse, in parte semplicemente perché la storia dei genocidi e in particolare della Shoah si sarà trasferita dalle aule delle scuole a quelle dei tribunali? Abbiamo bisogno di studiare e di trasmettere, di fare ricerca e di insegnare. E l’unica strada, non ce n’è un’altra. Puoi e devi punire la violenza, gli atti di razzismo e di antisemitismo, ma le opinioni, anche assurde e totalmente errate, si combattono con la conoscenza. E la conoscenza ha bisogno della libertà per crescere, del dialogo per svilupparsi. Non c è un’altra strada, anche se questa è la più difficile e la più lunga. Arriviamo ultimi in Europa a varare una legge contro il negazionismo. Ma nei paesi in cui è stata approvata, come in Francia, non mi sembra che i risultati siano così significativi da aver influito sulla crescita dell’antisemitismo, sia pur dovuta a motivi diversi. L’unica eccezione è in un certo senso la Germania, ma in quel caso la legge si inserisce in un processo approfondito e radicale di rimessa in discussione del passato che noi non abbiamo neanche incominciato ad intraprendere. In questo vuoto, la legge sul negazionismo rischia davvero di diventare un boomerang e di alimentare ciò che vorrebbe invece cancellare.