Fonte:
Moked.it
Autore:
Daniel Reichel
Il seminario al Memoriale
Dopo la Shoah, il ritorno alla vita
Prendere in mano carta e penna per testimoniare al mondo e a se stessi di essere vivi. Nonostante tutto, nonostante la Shoah. Per dare voce a un dolore in realtà impossibile da raccontare, che nessuno può capire. Ma anche per scrivere per cercare di ricostruire quel tessuto sociale distrutto dalla persecuzione, per riagganciarsi alla vita e alla famiglia, per gioire – non senza cupi pensieri – di essere liberi. Sono solo alcuni degli elementi che si ritrovano nelle lettere inviate da sopravvissuti alla Shoah all’indomani della loro liberazione e di cui ha parlato la direttrice dello Yad Vashem di Gerusalemme Iael Nidam Orvieto, tra le protagoniste ieri del seminario di aggiornamento per docenti organizzato a Milano dall’Associazione Figli della Shoah assieme allo Yad Vashem e al Memoriale della Shoah. “Dopo la Shoah: ritorno alla vita e antisemitismo contemporaneo” il titolo del seminario, tenutosi all’interno del Memoriale, e con protagonisti, assieme a Orvieto, Yftach Ashkenazy dello Yad Vashem e Betti Guetta, sociologa del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano (Cdec), oltre alle testimonianze di alcuni docenti sul lavoro svolto in classe sulla Memoria. A sottolineare l’importanza di un evento dedicato agli insegnanti, il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della Fondazione del Memoriale Roberto Jarach. “Abbiamo raggiunto le visite di 15mila studenti lo scorso anno, oltre il doppio rispetto ai 7mila dell’anno precedente, segno che il Memoriale è sempre più un luogo centrale nella didattica della Memoria”, ha ricordato Jarach. Parole vivide e preziose, quelle pronunciate dalla Testimone della Shoah Liliana Segre, presidente dell’Associazione figli della Shoah, accolta dalla sala completamente gremita con un caloroso e significativo applauso. “Il valore umano ed educativo di testimonianze come quella di Segre sono fondamentali”, sottolinea a margine dell’incontro Orvieto che nel corso del seminario si è soffermata sul significato di ritorno alla vita dopo la Shoah, presentando le lucide e dolorose lettere scritte dai sopravvissuti all’indomani della liberazione. “Per gli ebrei la liberazione non coincise con euforia, fu un momento in cui si svilupparono sentimenti complessi, dilemmi interiori che emergono chiaramente dai messaggi, dalle lettere, raccolti dallo Yad Vashem in questi anni e appartenenti ai sopravvissuti”. Impressiona la lucidità ad esempio di Hugo Falksenstein che nel febbraio 1945, ad Auschwitz, scrive: “Non vi è nella storia nessun campo di battaglia, nessuna catastrofe di queste proporzioni e mai nella storia così tanti milioni di persone sono stati sterminati in uccisioni di massa in un’area così relativamente piccola come qui. Con gli occhi della mia anima vedo già i memoriali monumentali delle nazioni che hanno perso i migliori dei loro figli. […]devo anche raccontare che specialmente i meno educati o le masse, nella loro attuale miseria tendono verso un nuovo odio contro gli ebrei”. “Dolore, speranza, voglia di tornare alla vita, un tentativo di riagganciarsi alla normalità con il rimorso di essere sopravvissuti, sono i tanti sentimenti che emergono dalle lettere – spiega Orvieto – Queste ultime rappresentano un codice culturale da interpretare”. Un’analisi sull’attualità è invece stato il tema al centro dell’intervento della sociologa Guetta, che ha riportato i dati dell’antisemitismo in Italia: un fenomeno che prolifera soprattutto sul web, fondato sul pregiudizio – nel vero senso di un’anticipazione del giudizio dettato dall’ignoranza – e contro cui, ha ricordato Guetta, l’UCEI assieme al Cdec hanno messo in piedi l’Antenna antisemitismo, una linea verde per tutelare le vittime di azioni antisemite e per denunciare episodi di questo tipo.