Fonte:
La Stampa edizione di Torino
Autore:
Fabio Albanese
“Bene, un terrone di meno” Denunciato per odio razziale
Aveva offeso su Facebook un ragazzo di Siracusa morto per incidente
Stefano Pulvirenti aveva solo 17 anni. È morto il 20 novembre dell’anno scorso, 23 giorni dopo essere stato travolto con il suo scooter da un Suv in viale Paolo Orsi, una delle strade più trafficate di Siracusa. Tre giorni dopo, mentre una città commossa partecipava al suo funerale dopo avere per settimane sperato inutilmente in un miracolo, qualcuno dall’altra parte del Paese apriva un finto profilo Facebook a nome di una fantomatica Elisa Covello e «postava» frasi come queste: «Sono felicissimo, un terrone in meno da mantenere» . E , più avanti : « Quando vedo queste immagini e so che nella bara c’è un terrone ignorante, godo tantissimo. Peccato che ero al nord, altrimenti avrei cagato su quella bara bianca. Buonasera terroni merdosi. Non è morto nessun altro di voi oggi ? » .
La perquisizione
Nei giorni scorsi in casa dell’autore di queste frasi, C.D., un operaio di 40 anni che abita a Settimo Torinese, si sono presentati i carabinieri del Nit, il Nucleo investigativo telematico della Procura di Siracusa , che gli hanno notificato una denuncia per diffamazione aggravata da finalità di odio razziale, gli hanno sequestrato il computer e hanno oscurato il profilo Facebook «Volevo solo provocare, suscitare un dibattito», avrebbe detto l’operaio per giustificarsi. Ma i «post » di quest’uomo, diventati virali sulla Rete già poche ore dopo essere apparsi sul finto profilo Facebook, sono arrivati anche alla famiglia e agli amici di Stefano, che sono subito andati in Procura a denunciare.
L’indagine telematica
Da lì è partita l’indagine dei pm affidata ai tecnici del Nit, un gruppo di investigatori telematici di polizia e carabinieri molto esperto, nato a Siracusa diversi anni fa per occuparsi delle tante denunce di web-pedofilia del Telefono Arcobaleno e divenuto un’eccellenza nel settore: «Sono state fatte indagini tecniche molto importanti – spiega il capo della Procura siracusana Francesco Paolo Giordano – per risa- lire all’autore e per poi entrare nel profilo e oscurarlo».
«Una vicenda disumana»
«Quei post avevano ucciso Stefano un’altra volta – dicono gli amici – lui era un ragazzo d’oro che amava il mare e la vita, studiava ed era ben voluto da tutti. Non meritava quella fine e non meritava quegli insulti». «Una vicenda disumana – dicono il procuratore Giordano e il sostituto Antonio Nicastro – fra le varie forme di povertà, la povertà morale è quella che rischia di mettere a maggiore rischi o la dimensione umana».