Fonte:
Il Tempo
Autore:
Manuel Fondato
Saluto fascista in aula, condannato
La famiglia Leccisi di Milano ha una solida tradizione politica di destra; Domenico, classe 1920, fu iscritto al Pnf. Durante la seconda guerra mondiale prestò servizio sul fronte francese e su quello jugoslavo, aderendo successivamente alla Repubblica Sociale Italiana. Nel dopoguerra si rese protagonista di azioni clamorose, come appiccare il fuoco ai cartelloni del capolavoro di Roberto Rossellini Roma città aperta, ma soprattutto, nella notte tra il 22 e il 23 aprile 1946, si rese protagonista del clamoroso gesto di trafugare la salma di Benito Mussolini nel cimitero milanese del Musocco, con l’intento di restituirla alla famiglia. Tra il 29 aprile e il 17 maggio la polizia arrestò molti suoi complici ma Leccisi riuscì sempre a dileguarsi in tempo e il 30 maggio in piazza del Duomo obbligò addirittura alcuni operatori a far scrivere sulle insegne luminose una frase inneggiante al Duce. Nel frattempo il cerchio attorno a lui continuò a stringersi fino al suo arresto il 31 luglio, ma la notorietà acquisita gli valse anche due legislature da deputato missino. Il figlio Gabriele, avvocato, ha riportato in questi giorni il proprio cognome alla ribalta della cronaca per essersi beccato una condanna a un mese e 10 giorni, con pena sospesa, per aver fatto il saluto romano durante la seduta della commissione Sicurezza e Coesione Sociale La storia II gesto in consiglio comunale per protestare contro Pisapia del Consiglio comunale di Milano dell’8 maggio 2013. L’accusa era di aver violato l’articolo 2 della legge Mancino, che punisce chi nel corso di riunioni pubbliche «compia manifestazioni esteriori» tipiche di associazioni o movimenti che si richiamano al fascismo. La ricostruzione dei fatti svela una lite scoppiata per motivi piuttosto futili: Leccisi era presente ai lavori della Commissione in qualità di rappresentante del circolo culturale intitolato al padre scomparso ne12008, ammesso come uditore insieme ad altri militanti di due associazioni di estrema destra che si erano dati appuntamento per protestare contro il piano rom varato dall’amministrazione Pisapia. All’inizio della seduta alcuni consiglieri comunali di centrosinistra avevano però chiesto il loro allontanamento, provocando la reazione dell’avvocato che avrebbe replicato facendo il saluto romano. Il giurista attraverso la sua pagina Facebook ha commentato duramente la sentenza: «Il regime tirannico è alle corde e per salvarsi ricorre sempre più spesso al braccio secolare della Giustizia condannando cittadini il cui unico torto è quello di amare la loro Patria» invitando però, sempre nello stesso post a «proseguire la lotta sul terreno delle idee dell’azione legittima, nel rispetto di quelle poche leggi che ancora garantiscono una sia pur limitata libertà di parola e di associazione, rinunciando a manifestazioni esteriori che fanno solo il gioco dei nostri nemici».