2 Novembre 2015

Intervista a Cesare Anticoli, l’imprenditore insultato dal presidente Lega Calcio Carlo Tavecchio

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Fabrizio Caccia

L’imprenditore offeso Anticoli: «Io ebreaccio? Dice cose razziste col sorriso sulle labbra»

La storia Nel ’43 scampò con suo padre a un plotone di esecuzione nazista. Oggi ha 87 anni

ROMA L’agente immobiliare Cesare Anticoli è un gentiluomo di 87 anni, presidente onorario del Keren Hayesod Italia (il fondo che aiuta Israele) e ha una storia molto commovente alle spalle, che dopo racconteremo nei dettagli. Sfuggì per un pelo alla furia nazista, nell’ottobre del ’43, grazie all’aiuto di tutto un paese, Rocca di Cave, vicino Roma, che nascose lui e la sua famiglia per giorni. Malgrado tutto, però, finì davanti a un plotone d’esecuzione. E, incredibilmente, si salvò. Ma intanto ecco come ha reagito ieri, sfogandosi con un membro della comunità ebraica romana, di cui fa parte da sempre, dopo aver letto sul Corriere le parole assurde usate dal presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio nei suoi confronti: «Ebreaccio a me? Rimango sorpreso. Io non vedo il presidente Tavecchio da quasi 8 anni. Sì, dal 2008 insomma, da quando cioè concludemmo insieme la vendita di quell’immobile di piazzale Flaminio per la Lega nazionale dilettanti. Da allora, però, non ci siamo mai più visti né sentiti, perciò davvero sono stupito da questa sua uscita. Comunque, se devo dirla tutta, ricordo che anche all’epoca Tavecchio faceva battute sulle donne, sui gay, diceva cose razziste col sorriso sulle labbra… Ecco, io lo ricordo così. Ma la cosa si commenta da sé, non voglio aggiungere altro». Riccardo Pacifici, l’ex presidente della comunità ebraica di Roma, ricorda sempre con grande emozione le parole che Cesare Anticoli pronuncia ogni anno quando cade l’anniversario della liberazione di Roma, il 4 giugno: «Io sono nato due volte — ama ripetere Anticoli —. La prima volta, il 17 maggio 1928, quando mia mamma mi ha partorito e la seconda volta, il 4 giugno 1944, quando gli americani ci hanno liberato dai tedeschi». Uomo elegante, grande filantropo, a soli 15 anni vide l’inferno molto da vicino. Il pittore Georges De Canino, custode della memoria degli ebrei di Roma, dice che a Rocca di Cave, sulla Casilina, oggi c’è un monumento a ricordare l’eroismo di quell’intero paese. E nell’archivio della comunità ebraica è conservato il racconto dello stesso Anticoli, che forse Tavecchio farebbe bene a leggere: «In quella zona si organizzò una banda di partigiani alla quale aderii subito con entusiasmo». Ma poi «un’ altra banda uccise dei tedeschi, fu così che i nazisti arrivarono in paese. Le donne furono chiuse nella chiesa e gli uomini radunati nella piazza… Il parroco ci aiutò, ci insegnò le preghiere cattoliche per farci dimostrare di essere cristiani… Ma l’emozione e la disperazione di mio padre furono tali che non riusciva a farsi entrare in testa nemmeno una parola. Così io e lui fummo scelti dai nazisti tra le persone che sarebbero state fucilate. Ci misero di fronte al muro della chiesa con i mitra spianati dalla mattina presto, ma poi inspiegabilmente nella notte ci rimandarono tutti nelle nostre case… Oggi ho 4 figli, nipoti e pronipoti. E questa la mia vittoria sul nazismo».