Fonte:
Moked.it - gadlerner.it
Autore:
Anna Foa, Gad Lerner
Brigata ebraica, memoria di tutti
La defezione dell’Associazione Nazionale Ex Deportati dalla manifestazione romana per il 25 aprile, defezione dovuta al sentimento di intolleranza manifestatosi oggi come in passato nei confronti delle insegne della Brigata Ebraica, continua a tenere banco sui giornali.
“Noi che rappresentiamo gli ex deportati, sommersi e salvati, nei campi nazisti, sia politici che razziali, non possiamo accettare che lo spirito e i significati del 25 aprile, della Resistenza e della Liberazione vengano così totalmente snaturati e addirittura fatti divenire atto di accusa contro le vittime stesse del nazifascismo” aveva denunciato in una nota l’Aned giovedì scorso evidenziando inoltre la presenza alla riunione preparatoria del corteo Anpi sigle che niente hanno a che fare con il 25 aprile come Fronte Palestina, Rete Romana Palestina e Rappresentanza Palestina in Italia.
Molte sono le voci a levarsi in queste ore. Intervistato da Repubblica, il presidente dell’associazione romana Amici di Israele Alberto Tancredi ha spiegato: “Portiamo lo striscione della Brigata ebraica nel corteo del 25 aprile dal 2003: l’ultima volta che ci è stato consentito di parlare dal palco fu cinque anni fa e anche in quell’occasione non mancarono le contestazioni”. Per poi aggiungere: “Era il quarto appuntamento alla Casa della Memoria per preparare il corteo. Ci aveva invitato come sempre l’Anpi: le altre volte eravamo 30 persone al massimo, qui ci siamo ritrovati in 70. Ho avuto l’impressione di una contestazione organizzata: erano tutti contro Israele e la Brigata ebraica”.
Molte reazioni anche sul fronte politico. Tommaso Michele Giuntella, presidente del Pd romano, dice: “Se l’Aned non c’è, non ci sarò neppure io. Dopo i continui problemi mossi nei confronti della Brigata ebraica, doppo il comunicato dell’Aned, che denuncia la presenza e gli insulti di sigle che nulla hanno a che fare con la Resistenza, non posso sfilare a un corteo del 25 Aprile ostaggio di gente che è fascista allo stesso modo di quelli da cui ci liberammo”. Sulla stessa lunghezza d’onda Paolo Masini, assessore alla Scuola con delega alla Memoria di Roma Capitale. “Festeggiare il 70esimo anniversario della Liberazione senza una rappresentanza delle formazioni ebraiche significa cancellare un pezzo della nostra storia”.
Il presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, ricordando come la Comunità non possa comunque partecipare a iniziative in programma di Shabbat, ha sottolineato che la nota dell’Aned “non è sfuggita” e di considerare lo snaturamento del 25 aprile “un pericolo per il Paese”.
A Milano invece le insegne della Brigata saranno scortate da quelle del Partito Democratico. “Il corteo del 25 aprile non deve essere schiavo di sigle che si proclamano antifasciste ma nei comportamenti riproducono modelli fascisti e antisemiti” spiega il responsabile culturale del Pd a Milano e Provincia Daniele Nahum.
Liberazione
È stato opportunamente ricordato, nella polemica nata a Roma intorno alla manifestazione del 25 aprile, che nella guerra portata da Hitler al mondo democratico i palestinesi si trovarono dalla parte dei nazisti. Per quanto ignoto alla maggior parte delle persone, si tratta di un fatto storico indiscutibile e incontestabile. Dal 1921 Gran Muftì di Gerusalemme, Amin al Husayni, fu il leader incontrastato delle rivolte arabe contro gli ebrei in Palestina a partire dal 1920 fino alla grande rivolta del 1936. Favorevole al nazismo fin dall’avvento al potere di Hitler nel 1933, legato al fascismo italiano fin dal 1934, al Husayni si stabilì a Berlino nel 1941 dove intrattenne stretti rapporti con Hitler. Nel 1942 sollecitò la creazione di un’unità militare araba italiana e nel 1943 si impegnò nella creazione di una speciale unità bosniaca musulmana delle Waffen SS. La partecipazione alla guerra nazista non fu quindi solo ideologica, in nome della lotta antibritannica e antisionista, ma militare e operativa. Tutto questo è storia.
Non si capisce quindi che cosa abbiano a che fare le organizzazioni filopalestinesi nella preparazione della manifestazione per il 70° anniversario della Liberazione, un fatto storico che non coinvolge il conflitto israelo-palestinese ma la guerra di liberazione antinazista, ed entro questo contesto lo sterminio degli ebrei in Europa e il ruolo della Brigata Ebraica nelle operazioni militari in Italia a fianco degli inglesi e degli americani. Che tutti, individualmente, abbiano il diritto di partecipare alla manifestazione del 25 aprile, sionisti o antisionisti che siano, è evidente. Ma che delle sigle che in questo contesto specifico non possono non richiamare il fronte su cui i palestinesi militavano durante la seconda guerra mondiale non solo si pongano fra gli organizzatori ma si permettano di conferire patenti di democrazia agli altri, è pura follia.
Anna Foa
Diciamo no a chi importa la guerra del Medio Oriente nella festa del 25 aprile italiano
Compiendo una scelta regressiva e una forzatura storica, da un decennio circa alcuni responsabili delle Comunità ebraiche italiane invitano i loro iscritti a separarsi dagli altri cittadini italiani, nella commemorazione del 25 aprile. Il pretesto è sfilare dietro allo striscione della Brigata Ebraica. Esso ricorda i cinquemila ebrei residenti in Palestina che per poco più di un mese -fra il marzo e l’aprile 1945, a guerra quasi finita- combatterono i nazisti sulla nostra penisola, inquadrati nell’esercito britannico. Tale Brigata Ebraica ebbe 41 caduti, che meritano di essere onorati come le migliaia di altri militari alleati di ogni fede e ogni provenienza morti per liberare l’Italia dal nazifascismo.
Ben prima del marzo 1945, già dal settembre 1943, e molti in anticipo su quella data, migliaia di ebrei italiani partecipavano attivamente alla Resistenza partigiana, protagonisti nella formazione di Brigate antifasciste dentro le quali veniva annullata l’odiosa norma delle leggi razziali. Non esiste un conteggio preciso delle centinaia di ebrei italiani caduti in combattimento durante la Resistenza a cui parteciparono da protagonisti.
Dal 1945, per oltre mezzo secolo, gli ebrei italiani hanno celebrato il 25 aprile mescolati insieme alle formazioni antifasciste derivate da quella militanza partigiana comune.
Una trentina di anni dopo, qualcuno ha iniziato a portare in corteo le bandiere palestinesi, che non c’entravano nulla. E così, per reazione, altri hanno escogitato il contrappunto (tutto italico) della Brigata Ebraica, invitando gli ebrei a separarsi in piazza pur di sventolare il 25 aprile la bandiera con la stella di Davide.
E’ stata pessima l’idea di importare il Medio Oriente dentro alle celebrazioni del 25 aprile, come contagio di inciviltà e come esasperazione del nuovo settarismo identitario. L’anno scorso dopo le tensioni registratesi in piazza a Roma e a Milano, i caporioni di questa zuffa si erano lasciati con promesse minacciose di tipo ultràs (“ci rivediamo l’anno prossimo”), dimenticando che il settantesimo 25 aprile cadrà di sabato e quindi (nuova ipocrita finzione riesumata da laici incalliti fino a ieri che oggi si spacciano per osservanti) la festività esclude una presenza ebraica organizzata.
In compenso si odono bestialità grossolane brandite gli uni contro gli altri: “I palestinesi erano alleati di Hitler”, “La bandiera israeliana non è compatibile con la Resistenza”.
L’Anpi, associazione cui mi onoro di essere iscritto, dovrebbe rivolgere un appello comune alle opposte tifoserie mediorientali per chiedere loro di rinunciare, il prossimo 25 aprile, a simboli che nulla hanno a che fare con la lotta di liberazione contro il nazifascismo.
Gad Lerner