Fonte:
Corriere della Sera
Autore:
Sergio Romano
Risponde Sergio Romano
La libertà di espressione il negazionismo e «Charlie Hebdo »
A proposito dell’approvazione da parte del Senato del disegno di legge che punisce il reato di negazionismo, la senatrice a vita Elena Cattaneo ha spiegato la sua decisione di astenersi dal voto dicendo che vietare il negazionismo per legge è sbagliato in quanto non è ammissibile imporre limiti alla ricerca e allo studio di una teoria. Però la senatrice afferma anche che nessuno storico prenderebbe sul serio certe teorie. Mi aiuti a capire. Lo storico può sconfessarle a suon di verifiche, indagini, testimonianze, studi e proprio per far questo sarebbe comunque tenuto a prederle sul serio. Se non altro perché soppesare determinate teorie anche negazioniste costa fatica.
Alessandro Prandi
alessandro.prandi@gmail.com
Caro Prandi,
Credo che nella sua osservazione si nasconda un sofisma. Se una teoria è chiaramente infondata dovremmo forse restare indifferenti di fronte alla sua diffusione? In un mondo dove Internet favorisce la circolazione di bugie, calunnie e idee strampalate, una teoria falsa e incontestata potrebbe ingannare un certo numero di persone. È giusto quindi che qualche storico perda un po’ del suo tempo per ribadire a una platea di ignari e creduloni che il genocidio degli ebrei non è, malauguratamente, una favola o un esercizio propagandistico. Possono esservi marginali discussioni, come sempre, sull’esatto numero delle vittime, ma la volontà omicida del regime nazista e le spaventose dimensioni del fenomeno sono innegabili.
La senatrice Cattaneo ha ragione, tuttavia, quando lascia intendere qualche dubbio sull’opportunità di una legge. Per la verità il disegno approvato negli scorsi giorni dal Senato è diverso da altre norme adottate su questa materia da alcuni Stati europei. Per evitare che la legge persegua un reato di opinione (cito da un resoconto del Sole 24 Ore dell’11 febbraio), «il testo prevede, attraverso un intervento sulla legge Reale, una aggravante di pena di tre anni se la propaganda, la pubblica istigazione e il pubblico incitamento a commettere atti di discriminazione razziale si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dallo statuto della Corte penale internazionale». Restano, tuttavia, a mio avviso, almeno tre obiezioni.
In primo luogo credo che il reato di incitazione all’odio razziale non abbia bisogno di essere rafforzato da una bugia (la negazione del genocidio) per essere ancora più grave. In secondo luogo temo che la legge sul negazionismo, come il Giorno della Memoria, avrà l’effetto di creare una sorta di gelosa competizione fra massacri e genocidi, tutti desiderosi di sentenze che li rendano maggiormente visibili agli occhi della pubblica opinione. In terzo luogo l’introduzione di un tabù, in una società che si proclama liberale, è uno strappo che altri, domani, potrebbero allargare.
Esiste una quarta ragione, più delicata. Il massacro di Charlie Hebdo è stato percepito come un intollerabile attentato alla libertà di espressione. Questa minaccia ha avuto l’effetto di mettere a tacere le critiche di tutti coloro, non soltanto musulmani, per cui molte vignette del giornale satirico francese erano un intollerabile insulto alla loro fede. Non era necessario essere credenti o praticanti per pensare che quelle immagini fossero inutilmente volgari e offensive. Ma in quel momento, di fronte alla ferocia degli attentatori, abbiamo finito per pensare che il valore da difendere fosse la libertà di espressione. Oggi, di fronte al negazionismo, pensiamo che la libertà di espressione sia meno importante di altri valori. Come ogni confronto anche questo è imperfetto. Il genocidio ebraico appartiene alla nostra storia recente e ha diritto ad avere nella nostra memoria uno spazio maggiore. Ma anche la libertà di espressione è un bene da difendere e tutelare. Credo che la scelta della senatrice Cattaneo — l’astensione — meriti di essere compresa e apprezzata.