Fonte:
Osservatorio antisemitismo
Autore:
Alberto De Antoni
I COMPLICI EUROPEI DEL NAZISMO
di ALBERTO DE ANTONI
1. Nel 2008 un gruppo di studiosi baltici ha proposto con la Dichiarazione di Praga di creare accanto al giorno della Memoria del 27 gennaio, che ricorda la liberazione di Auschwitz e il genocidio ebraico, un giorno dedicato all’occupazione pluridecennale dell’Europa orientale da parte dell’Unione Sovietica. Nelle intenzioni il 23 agosto, data in cui Ribbentrop e Molotov nel 1939 firmarono l’accordo di alleanza e di spartizione della Polonia, sarebbe stato il giorno maggiormente indicato per stigmatizzare l’equivalenza tra i due Stati totalitari responsabili delle peggiori atrocità del XX secolo. L’iniziativa fu proposta alla Comunità Europea il 25 marzo 2009 (B6-0165/2009) dal Gruppo Popolare Europeo con l’invito al paragrafo 7 L agli Stati postcomunisti «…ad effettuare una valutazione morale e politica del loro passato recente e a fornire le risorse necessarie per la ricerca scientifica e l’accertamento dei fatti».
Benché da tempo la storiografia abbia accertato la non perfetta corrispondenza tra i due Stati totalitari (solo il Nazismo ebbe nel proprio programma l’asservimento di intere popolazione e il completo assassinio in massa delle minoranze ebraiche europee), la Risoluzione della Comunità Europea può essere interpretata come un tentativo istituzionale per creare una piattaforma di diritti e di libertà individuali di un’Europa democratica, pacifica e liberale. Di fatto, però, in molte Nazioni dell’Europa orientale la fine del Patto di Varsavia e la scomparsa dell’Unione Sovietica hanno consentito a vari gruppi di estrema destra, per lo più nazionalisti radicali fiancheggiatori dell’occupante nazista e trascinati nella disfatta dalla sconfitta tedesca, di riaffacciarsi nuovamente nella scena pubblica. A Riga, ad esempio, è stato istituito il Giorno della Legione, una sfilata nel centro cittadino e una cerimonia di commemorazione di quei reduci che combatterono nelle file delle SS, costituendo la 15. Waffen-Granadier-Division (o lettische Nr. 1) e la 19. Waffen–Grenadier-Division (o lettische Nr. 2), e che nel 1944 cercarono di arrestare l’avanzata dell’Armata Rossa ai confini della propria Nazione. Il fatto non poté passare inosservato all’opinione pubblica internazionale che fu però rassicurata dalle parole dei reduci lettoni secondo i quali la loro appartenenza alle SS andava letta come una forma di patriottismo estremo: si sarebbero cioè arruolati nelle SS perché quella era l’unica possibilità per dei non Tedeschi di combattere in difesa della propria patria. Ma non solo non avevano mai condiviso l’ideologia nazista né tantomeno avevano preso parte alle stragi delle comunità ebraiche, neppure ne erano mai stati a conoscenza[1]. La cerimonia ebbe un certo clamore, più che altrove, in Inghilterra dove, su denuncia dell’allora segretario agli Esteri David Miliband, vennero segnalati i legami tra il partito conservatore e quei partiti d’estrema destra lettoni che avevano celebrato le SS.
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[1] Ignoranza dei fatti che s’inserisce in quella ben maggiore dell’opinione pubblica tedesca sotto il nazismo (P. Longerich, “Davon haben wir nichts gewusst!”. Die Deutschen und die Judenverfolgung 1933-1945, München 2006, e E.A. Johnson, – K.-H. Reuband, What we knew. Terror, Mass Murder and Every Day Life in Nazi Germany. An Oral History, New York 2005 (trad. it., Milano 2008).