Fonte:
Corriere della Sera edizione di Milano
Autore:
Antonio Bogo
Shammah, Levin e il Parenti: qualcuno li odia
Nell’universo parallelo chiamato Facebook si accendono discussioni, partono invettive, si creano onde di pensiero. Su quelle pagine web, divertimento e stimolo per milioni di individui, ogni opinione è lecita. Non è dunque una sorpresa che vi siano, e operino con post e proclami, persone che vedono negli ebrei ogni sorta di male. E nello stato ebraico la fonte di guerre ingiuste, addirittura naziste: secondo questi acuti osservatori del nostro tempo (che non vedono i tagliateste dell’Isis), Israele non dovrebbe esistere, e se il Paese venisse raso al suolo, meglio. Domani, al Parenti, va in scena una pièce dell’israeliano Hanoch Levin, «Il lavoro di vivere», con il grande attore Carlo Cecchi, diretta da Andrée Ruth Shammah. Che ghiotta occasione: ma guarda questi ebrei, questi sionisti! E il Parenti gode di fondi pubblici: vanno tolti! Sciò, Shammah e amici. I sostenitori della causa palestinese boicottino il teatro! Questo in un post sulla pagina di Shammah, che la regista ha lasciato visibile per mostrare a molti quanto stupidità, ignoranza e razzismo siano gramigna rigogliosa. Shammah è sionista? E allora? Chiudiamo una delle realtà culturali più vive di Milano? Si dirà: stiamo parlando di un post, ovvero di niente. Ma il veleno non è mai niente, anche una goccia uccide.