Fonte:
Corriere della Sera - The Coordination Forum for Countering Antisemitism - CFCA - Memri.org
Autore:
Stefano Montefiori
La Francia si incendia, interviene il governo.
E ora si teme il contagio
Slogan e insulti antisemiti alle manifestazioni
Il piccolo supermercato kosher Naouri, incendiato domenica a Sarcelles, era stato già attaccato nel settembre 2012: due persone erano entrate e avevano lanciato una granata, senza fare vittime. Allora si era parlato di una reazione alle vignette su Maometto pubblicate da Charlie Hebdo, stavolta il pretesto è la guerra a Gaza, ma è impossibile trovare una logica negli attacchi antisemiti. «Bisogna essere stupidi per credere che bruciando il negozio di un ebreo a Sarcelles si aiuti un palestinese di Gaza», dice lo scrittore Marek Halter.
Eppure, a Sarcelles, la «piccola Gerusalemme» alla periferia di Parigi, tra le migliaia di persone che sono scese in strada per testimoniare solidarietà al popolo palestinese alcune hanno devastato il ristorante La Table, altre la farmacia Banon, altre ancora hanno incendiato automobili e tirato molotov contro la sinagoga, lanciato pietre contro la polizia e urlato «Allah è grande» accanto a «Morte agli ebrei». Le stesse formule ripetute il giorno prima nel quartiere parigino di Barbès, dove tra i manifestanti c’era chi bruciava bandiere israeliane con preteso gesto antisionista, aggiungendo però «Hitler aveva ragione», il più palese e truce e dei ritornelli antisemiti.
La guerra a Gaza provoca proteste e libera l’antisemitismo in tutta Europa, ma è soprattutto la Francia — dove vivono le più grandi comunità musulmana ed ebraica del continente — a temere il contagio della violenza. Nei due giorni di disordini nella regione parigina ci sono stati circa 6o feriti (quasi tutti poliziotti) e una settantina di arresti, nel corso di cortei peraltro proibiti dalle autorità: la domenica precedente due sinagoghe erano state assaltate nel Marais (il cuore della Parigi ebraica), e il premier Manuel Valls aveva deciso di vietare le manifestazioni nella capitale, «non permetteremo che il conflitto israelo-palestinese venga importato qui», aveva dichiarato invano.
Dopo gli scontri, il presidente François Hollande ieri pomeriggio ha ricevuto all’Eliseo i rappresentanti di tutte le religioni, e alla fine del colloquio l’influente rettore della Grande moschea di Parigi, Dalil Boubakeur, si è mostrato accanto al presidente del Concistoro israelita Joel Mergui, chiamandolo «mio amico», per esortare i fedeli musulmani «a evitare certe derive». L’Islam moderato, accusato spesso di non fare sentire la sua voce, in Francia non esita a condannare le violenze contro gli ebrei. Purtroppo, non è sufficiente.
La nuova manifestazione indetta per domani sera a Parigi ha ricevuto il via libera del prefetto, vedremo se stavolta gli incidenti saranno evitati. Dove i cortei erano autorizzati — a Lille e Marsiglia in Francia, quasi ovunque nel mondo — non ci sono stati scontri. Ma se le vetrine fracassate si sono viste solo a Parigi e nella sua periferia, le violenze verbali erano dappertutto.
Slogan antisemiti hanno macchiato manifestazioni non poi così pacifiche in Germania, Gran Bretagna, Belgio, Svizzera. A Berlino, giovedì, un gruppo di manifestanti con bandiere palestinesi gridava «Ebrei, ebrei, porci vigliacchi, uscite fuori e venite a battervi», e il giorno dopo l’imam Abu Bilai è stato filmato mentre nella moschea Al-Nur della capitale tedesca invocava Allah affinché uccidesse «tutti gli ebrei sionisti, senza risparmiarne uno».
A Anversa i cori erano «massacrate gli ebrei» e «ebrei, ricordate Khaybar», allusione al massacro nell’Arabia saudita del VII secolo. Alcuni filo-palestinesi scesi in strada a Zurigo hanno promesso di «buttare in mare tutti gli ebrei», mentre cartelli molto in voga a Londra (ma pure a Sydney, in Australia), erano le ormai eterne variazioni, Gaza o non Gaza, sulla stella di Davide e la svastica nazista.