Fonte:
Avvenire - la Repubblica
Autore:
Anna Foa, Susanna Nirenstein
Avvenire
24/02/2013
La falsa rivoluzione dell’antisemitismo nel secolo breve
Germinario indaga le origini politiche del pregiudizio contro gli ebrei, già diffuso nell’800
di Anna Foa
Francesco Germinario, attento studioso dell’antisemitismo e della cultura della destra europea ed italiana della prima metà del Novecento, affronta nel suo nuovo saggio il tema dell’Antisemitismo essenzialmente (Jaca Book, pagine 256, euro 24) dal punto di vista della storia delle dottrine politiche: L’antisemitismo, come afferma il sottotitolo del Libro, è «un’ideologia del Novecento». E in quanto tale, Germinario la analizza, senza timore di normalizzarla e quindi di sembrare neutrale nel descriverla, ché tale naturalmente non è, se pur ci fosse bisogno di ribadirlo, ma cogliendone con sottigliezza e rigore i legami con le altre culture del Novecento, e in particolare con quelle che con l’antisemitismo condividevano il rifiuto della società borghese liberale e, come quella antisemita, si presentavano come ideologie radicalmente rivoluzionarie. Sotto questo aspetto, lo scritto di Germinario ben si inserisce in un filone già sviluppato della storiografia, che va dall’opera di Massimo Ferrari Zumbini sull’antisemitismo in Germania dopo Bismarck a quella di Michele Battini sul «socialismo degli imbecilli», come August Bebel definiva L’antisemitismo socialista. Per Germinario, l’antisemitismo non nasce né si sviluppa nel vuoto, ma «ha cittadinanza» nella cultura politica europea, nonostante La sua ideologia disumana e i suoi esiti assassini. Il punto fondamentale dell’analisi di Germinario è che l’antisemitismo si presenta, fin dalla sua nascita in forma «monotematica» nella seconda metà dell’Ottocento, e poi nella sua forma novecentesca contaminata con altre ideologie quali il razzismo e il totalitarismo nazista e fascista, come un’ideologia rivoluzionaria: un’ideologia cioè volta cioè a cambiare radicalmente il mondo, e lo stesso uomo, non semplicemente a trasformarlo. Il suo principale obiettivo è la società borghese quale si è formata nel corso dell’Otto-Novecento, in particolare con la scissione determinatasi tra capitale e capitare finanziario. È il capitale finanziario, in mano principalmente agli ebrei, che crea tutte le difficoltà del capitalismo. L’antisemitismo si presenta così come un’ideologia concorrenziale al socialismo, volta come questa ad attaccare e distruggere con radicali metodi rivoluzionari la società borghese. Ma per l’antisemitismo il socialismo non rovescia la società borghese, anzi la perfeziona portandola ancor più sotto l’egida del giudaismo internazionale. Particolarmente importante è per Germinario la cultura complottista che fin dall’inizio entra a far parte di tutte o quasi le formulazioni antisemite e che troverà a fine secolo nei Protocolli dei Savi di Sion la sua massima espressione. È il complotto ebraico che rappresenta la chiave di lettura antisemita della storia, sono gli ebrei che hanno costruito la società liberare e borghese come quella che meglio si prestava a consentire e facilitare il loro dominio. Ma è la Storia tutta, quale storia creata dagli ebrei, che l’antisemitismo finirà per rifiutare, in nome di una Natura alla storia contrapposta e a differenza di essa immutabile. La Natura che si esprime nella Razza, altro momento importante di confluenza tra l’antisemitismo e la cultura del tempo. Figlia di una cultura conservatrice e «borghese», l’idea di razza si radicalizza e diviene nell’antisemitismo la prova stessa che l’ebraismo, razza immutabile, non si può cambiare ma solo distruggere attraverso lo sterminio. Nella sua fase più recente, l’antisemitismo, che dal punto di vista della teoria politica nuda o quasi di nuovo presenta rispetto alle sue formulazioni ottocentesche, trova infatti nel nazismo e nel fascismo i suoi strumenti e i suoi quadri di riferimento politici, il momento insomma della realizzazione dei suoi obiettivi. Un’analisi molto compressa e tutta teorica, questa di Germinario, che ha il merito di approfondire e illuminare con penetrazione molti passaggi spesso non sufficientemente analizzati dalla storiografia, come quello tra il razzismo e l’antisemitismo o quello tra il razzismo e La definizione in chiave di razza degli ebrei. Resta un po’ in ombra il rapporto tra l’ideologia antisemita economica e quella religiosa, riassorbita nella tesi più generare che nella modernità secolarizzata dove si afferma l’antisemitismo e nell’ideologia razzista di cui esso si è appropriato radicalmente l’antisemitismo trovi gli strumenti per eliminare radicalmente la centralità dell’autonomia individuare, approdando quindi ad un paganesimo di fondo. Insomma, l’ostilità dell’antisemitismo nazista al cristianesimo non deriverebbe solo dal legame storico tra ebraismo e cristianesimo, ma sarebbe tra i fondamenti stessi della sua ideologia.
la Repubblica
03/03/2013
La costruzione dell’ideologia antisemita
di Susanna Nirenstein
Di Auschwitz si evita spesso di dare una spiegazione razionale, quasi fosse un delitto da indagare attraverso la criminologia, la psichiatria e non un mattatoio nato da un autentico progetto politico partorito dal ventre dell’Europa. E invece se pensiamo all’enormità della sua realizzazione è evidente quanto dietro la Shoah non possa che esserci stata una forte prospettiva teorica, un sistema ideologico complesso, anche se si fatica, si soffre a chiamare così l’odioso antisemitismo fiorito nell’Ottocento, maturato nel ‘900 nella sua contaminazione con altre culture antidemocratiche, e infine inverato nel totalitarismo. «Una teoria rivoluzionaria che dispone di una propria Weltanschauung», e di una propria teoria economica mirate «a rovesciare la società borghese liberale» «in aperta concorrenza col socialismo e il marxismo», animata dallo stesso «attivismo antisistemico», la definisce, con un piglio eretico che può meravigliare, uno storico da sempre a sinistra, Francesco Germinario, studioso tra i più attenti delle ideologie e della destra nel XIX e XX secolo, in questo Antisemitismo. Un’ideologia del Novecento (Jaca Book, pagg. 247, euro 24). Dunque l’antisemitismo non come pregiudizio scomposto, invasivo e convulso, ma ideologia articolata e radicale che lascia alle spalle, anche se non ne rinnega gli stereotipi, l’antigiudaismo cattolico. Navigando nella vasta bibliografia sull’argomento, da Toussenel a Drumont e Chirac, da Eckhart a Rosenberg e Hitler, Germinario parte dal riassumere i tre pilastri su cui si sono via via fondate tutte le declinazioni dell’antisemitismo: a) la convinzione che la storia umana sia attraversata da una cospirazione dell’ebraismo volta a conseguire il potere assoluto dell’umanità; b) la certezza che l’epoca borghese e liberale corrisponda all’ebreizzazione del mondo, alla presa del potere ebraica; C) infine la sicurezza che quella ebraica non sia una religione ma una razza con caratteristiche biologiche e culturali comuni. L’idea di Germinario è quella che l’antisemitismo si sia chiesto sempre più, come le altre ideologie rivoluzionarie del momento, di rispondere con una grande narrazione che legasse passato e presente alle domande nate da una situazione storica angosciante, dove si erano stravolti regni, assetti, poteri, modi di produzione, tradizioni, si erano moltiplicati scontri sociali, povertà, guerre. E la narrazione (di cui gli artefici cercano sempre di dimostrare le basi scientifiche per reggere il confronto con le altre strategie rivoluzionarie) è quella complottista, un aspetto che forse non è così forte nella prima fase, quella di Toussenel e Tridon, ma poi, specie con Drumont, inizia a definirsi saldando ed esaltando «le tematiche antisemite, specie quelle anti-capitaliste, di provenienza socialista col cospirazionismo di provenienza cattolica»: è con i Protocolli dei Savi di Sion che si assiste al salto decisivo, è qui e in quel che segue che si crea e si rafforza la teoria secondo cui la Storia non è fatta dagli uomini, ma tessuta dalle centrali occulte dell’ebraismo che nelle società borghesi e liberali nuotano come pesci nell’acqua facendo credere ai popoli di essere liberi ma in realtà dominando tutti con la finanza, e progettando un futuro di tirannide. Una lettura della Storia che contesta “l’individuo” del liberalismo e le “classi” del socialismo e riesce a preconizzare un futuro di salvezza solo mettendo in campo le razze, da un lato quella ebraica, da battere, il cui “attivismo diabolico” era stato finora sottovalutato dall’umanità, dall’altro l’unica altra concreta, naturalisticamente radicata nelle nazioni europee, l’unica su cui si può fondare una politica, quella ariana. Ed è proprio il matrimonio tra razzizzazione e cospirazionismo storico a cambiare l’ultima faccia dell’antisemitismo novecentesco perché declinare biologicamente il nemico voleva dire escludere con esso ogni compromesso, e l’unica via per disfarsene diventava lo sterminio. Germinario, dopo aver lungamente analizzato le metamorfosi dell’antisemitismo, si ferma al 1933. Peccato.