21 Gennaio 2009

L’antisemita che vive in mezzo a noi Se ritorna l’antisemitismo

Fonte:

la Repubblica

PAOLO RUMIZ

Vento, pioggia, finestrini appannati. I giornali dei passeggeri mostrano svastiche e stelle di Davide: non più icone contrapposte, ma unite in una spaventosa equazione. Israele è nazismo, Bestia dell´Apocalisse. L´ebreo è il carceriere dei nuovi lager, sterminatore degli innocenti. Le foto delle proteste pro-Palestina colgono striscioni con slogan inauditi; come se Gaza avesse abbattuto i confini dell´indicibile, rotto un argine che si porta dietro parole che nessuno finora aveva osato pronunciare.
Linea Trieste-Mestre-Milano, un treno di pendolari e studenti. Un proiettile di pensieri, sentimenti e paure in corsa nella nebbia della Padania. L´Italia si interroga. Cosa è diventato oggi l´antisemitismo? Cosa cambia nel pensiero medio con la guerra di Gaza? Come si coniuga il vecchio odio europeo con l´anatema anti-sionista del mondo arabo filtrato con l´immigrazione? Per capire basta sparare ad alta voce il proprio sconforto per Gaza. Una risposta dalle poltrone accanto arriva sempre. Il tema è a fior di pelle.
«Loro hanno dimenticato Auschwitz, non noi». Parla un uomo ben vestito con borsa ventiquattrore, salito a Portogruaro. «Sono stufo del giorno della memoria – aggiunge – è solo una loro schifosa ipocrisia per garantirsi impunità sulle nefandezze peggiori. Hanno tutto, comandano tutto. Non se ne può più». È sdegnato, stressato, parla ad alta voce, non ha freni inibitori. “Noi” e “loro”: contrapposizione assoluta. E identificazione totale fra israeliani ed ebrei.
Piove a dirotto, a Padova c´è ressa di studenti. Nel mucchio, una pia donna sui settanta che non sta mai zitta, impartisce petulanti lezioni di vita. Banalità come: «moglie e buoi dei paesi tuoi». Qualcuno ridacchia. La provoco su Gaza e quella si fa un rapido segno di croce. «Loro hanno crocefisso Nostro Signore… Non c´era da aspettarsi altro…». Poi sussurra con voce costernata, quasi dolce «Preghiamo per quei bambini», e si chiude in raccoglimento. Nessuno replica, e nel vagone scende un imbarazzato silenzio.
Desenzano, tuona, il convoglio entra nel monsone, diventa un bivacco. Due studenti prendono le parti di Israele, chiedono perché tanto sdegno per Gaza mentre si tace su Cecenia e Afghanistan, ma li zittisce un grassone salito a Verona. «Col potere che hanno, devono smettere di fare le vittime». Ostenta “la Padania” bene aperta sul tavolinetto, così gli chiedo se è solidale con i palestinesi. Risposta prevedibile: «Stessa gentaglia. Da passarci sopra con la ruspa. Le macerie e loro». Arabi, ebrei, zingari, clandestini, immondizia dell´umanità. Il pregiudizio antiebraico e quello antimusulmano diventano facce della stessa medaglia.
È l´interezza del Vicino Oriente che sfugge, come se l´Italia cristiana avesse smarrito il rapporto con ambedue i fratelli del Libro. Ora è chiaro. Il pregiudizio esce allo scoperto, riprende coraggio. Lo stereotipo del perfido ebreo si aggancia a formule nuove, si ibrida, cambia volto, si infiltra tra insospettabili, nobilita l´odio come lotta antirazzista, addossa a Israele la colpa del rapporto fallito fra cristiani e Islam. Si sdogana a sinistra, si camuffa dietro la contestazione contro Israele o il volto di bambini uccisi. Si nutre di risentimenti, alimenta retropensieri, abbatte tabù. Diventa magma, micidiale latenza.
Come fotografare un fantasma? Soprattutto, come stare in equilibrio fra il dovere civile di essere allarmisti e il timore di stravedere, svegliando il can che dorme? Arrivo a Milano e in via Cellini un ebreo Hassid col cappellone nero subito mi raffredda: «Ammesso che ci sia, che senso ha parlarne? È il Signore che manda queste cose». Ma quando se ne va, noto lo sguardo duro di alcuni “gentili” che passano. «È un momentaccio» confessa l´ebreo “Lubavitsch” Ariel Haddad, pure lui barbone e completo regolamentare. «Pochi hanno voglia di parlare, il clima è pessimo. Temiamo il contagio dalla Francia».
Nelle comunità i nervi sono scoperti, si sa che Gaza è il pretesto umanitario ideale per sdoganare pregiudizi. «Un Papa che rivaluta la preghiera del Venerdì Santo, dove si recita che gli ebrei sono da portare sulla strada della vera fede, non è cosa senza influenza» s´arrabbia Marcello Pezzetti, direttore del museo della Shoah di Roma. Loris Rosenholz: «In situazioni come queste, frustrazioni invidie e paure vanno in emulsione come in un frullatore, specie se c´è un segnale dall´alto». Mi scrivono da Israele: «C´è voglia matta di sputtanare gli ebrei, un desiderio liberatorio, così il patibolo di Cristo non fa più paura».
Al centro di documentazione ebraica – Cdec – si muovono con i piedi di piombo, sanno che «critiche comprensibilissime» verso Israele non vanno confuse con l´antigiudaismo. Ma mai hanno visto una vigilia così tesa del giorno della memoria. L´effetto inibitorio di Auschwitz non ha più la forza di una volta. Per la prima volta le comunità non hanno proposto nulla, paralizzate del clima. Giorni fa una donna s´è presentata agli organizzatori per protestare contro la cupola del nuovo museo della Shoah di Roma, che faceva pensare a una moschea e dunque implicava il pericolo che gli arabi s´offendessero. Persino la scritta “Shoah” non andava bene, perché “attirava terrorismo”.
«L´Italia non è la Francia» mi dice subito Adriana Goldstaub dell´Archivio del Pregiudizio. Non c´è la rabbia delle banlieues e non ci sono sei milioni di maghrebini. Ma le barriere del politicamente corretto sono saltate da tempo, a livello verbale, nei confronti di Rom ed extracomunitari, e ora lo sproloquio dilaga fatalmente con gli ebrei. Dietro non c´è solo Gaza: c´è la crisi economica che suscita rancori e dietrologie, come negli anni Trenta. La gente parla apertamente, ora anche la sinistra estrema sfonda la barriera dell´ultimo tabù.
L´esperto di Medio Oriente David Meghnagi: il conflitto non crea ostilità, ma la porta a galla. Svela un fiume carsico che si rinforza di umori nuovi. Cita dati agghiaccianti: il 34 per cento degli italiani pensa che gli ebrei debbano smettere di parlare di Shoah, e quasi altrettanti credono che nel Paese gli ebrei siano milioni, mentre sono appena 30 mila. «Ora si colpisce l´ebreo in quanto Israele. La vittima della Shoah, santificata come nazione morta, è demonizzata dalle stesse persone come nazione viva. E l´antisemitismo, presentandosi come variante della lotta al razzismo, consente il ricupero di un´innocenza perduta».
L´onda lunga cresce. Da dove sondarla? Tra gli skinhead del Veneto? Nei centri sociali di Milano? Nelle tane dell´estrema destra del Varesotto? Nelle frange estreme della sinistra a Torino? Nei covi di Forza Nuova? Non ci sono statistiche aggiornate, la scienza e la cultura sono inermi di fronte a un fenomeno nuovo. E poi oggi, mi avvertono, non esiste più un luogo. La nuova frontiera è virtuale, corre su Internet, in un labirinto di siti gonfi di negazionismo, antisionismo o giudeofobia, varianti della stessa ossessione. Siti di destra e sinistra estreme, islamisti, iper-cattolici o cospirativi.
Un organo ansiogeno saluta l´ingresso nel portale del catto-integralista “Holywar”, un funebre monumento all´antisemitismo nazista. C´è di tutto: l´omicidio rituale dei bambini che spiega la strage di Gaza; la stella di Davide con il “666”, il numero della Bestia. Il solo stato nazista al mondo? Israele. L´Italia? Una colonia israeliana. Crisi economica? Provoca tagli su tutto ma non sulle missioni dei soldati «che vanno ad ammazzare per conto di Sion». Dappertutto, micidiali disegni satirici gettonatissimi su altri siti.
Il mondo arabo, incluse nazioni moderate come la Germania, mette in rete raffiche di vignette che renderebbero felice Goebbels, accompagnate da dissertazioni per cui esisterebbe un disegno segreto di Dio per portare a termine il disegno di Hitler. C´è il “diavolo sionista” sdentato e bavoso, oppure un fumo puzzolente che sale da Israele e ammorba i cieli disegnando una stella a sei punte. Trasferito sui siti di casa nostra, l´odio europeo torna al mittente, arricchito di pregiudizio arabo.
Ma ecco “Effedieffe”, ipercattolico, legato a una casa editrice che vende libri antigiudaici o negazionisti “on line”. Cose come “I fanatici dell´Apocalisse”, già alla terza edizione; o “I segreti della dottrina rabbinica” dedicato alle «bestemmie del Talmud contro i cristiani». Testi banditi fino a poco fa, che ora hanno conquistato lettori e gli scaffali delle librerie “normali”.
È qui che il vecchio e il nuovo antisemitismo si ibridano. L´ebreo è colui che uccide i bambini altrui, ne beve il sangue per fare il pane, domina il mondo attraverso occulte macchinazioni finanziarie. È il potere demo-pluto-massonico, la congiura, il complotto. Ha il naso adunco, le mani come artigli. È il carnefice di Gesù, l´infedele per cui pregare il venerdì santo, nel giorno del sangue versato.
«Sionismo = pulizia etnica = Quarto Reich»; «Ebrei = massoni»; «nuove SS = soldati sionisti». Le tesi antisemite escono dal ghetto. Parole come: «Israele filtra il moscerino e ingoia il cammello: di sabato non accende una sigaretta ma accende i motori degli F16». La Chiesa? Su Israele è «afasica» perché «ha smesso di dire che gli ebrei hanno ucciso il Dio figlio», quindi «non trova la voce per gridare che si ammazzano innocenti».
Sui siti della sinistra si arriva all´equazione finale: «Israele = stato fascista». E ancora: «Da Kabul a Gaza, viva la resistenza dei popoli». Gaza non è «un fatto umanitario ma di solidarietà politica e di classe». Da qui il corollario: «Basta con la propaganda filo-sionista dei media e col sostegno a Israele del governo Berlusconi».
Ma per capire non bastano queste nicchie estreme. L´Onda la catturi nell´ineffabile, là dove il veleno diventa chiacchiera da bar, discorso d´autobus. Frasi buttate là, che vanno ben oltre le curve degli stadi e le grida «ebreo» degli ultras. A Roma trovo Stefania Buccioli, che cura i temi della memoria nelle scuole di Roma. Un lavoro bestiale contro i luoghi comuni senza matrice politica. «Nei bar, discoteche o palestre, i giovani della destra estrema e quelli dei centri sociali costruiscono una miscela esplosiva che diventa rabbia contro il mondo».
In un locale di piazza Bainsizza, tre tecnici televisivi discutono ad alta voce su Gaza e concludono che «Se a Hitler avessero lasciato finire il lavoro, oggi non ci troveremmo in questa situazione». Risate, ghigni, la gente al bancone non protesta. In un Paese dove sui giornali è di moda la caccia agli immigrati e un premier può tranquillamente definire Barack Obama “abbronzato” e il fascismo una bazzeccola, può succedere anche di questo.
C´è un collasso del linguaggio, lo registri sui blog, su media anche rispettabili. Ecco cosa scrivono ad Andrea Tornelli del “Giornale”: non ci sono menzogne antisemite, ma solo menzogne filosemite «come i sei milioni nelle camere a gas». Oppure: «Quanti sacerdoti, frati e suore rischiarono la vita per salvare ebrei… E loro? Schifosissimi ingrati». E infine: «Bravo Tornielli! Presto ti vedremo con la kippà in testa e la bocca a cul-di-gallina a deplorare l´olocausto».
Matteo Bordone, pseudonimo ebraico “Yankele” scrive di Palestina sul sito “Freddynietzsche. com”. Risposta: «Gli ebrei avrebbero dovuto estinguersi con l´avvento del cristianesimo… che ci siano ancora a fare danni è un amaro scherzo della storia». Ida Magli, graffiante opinionista del “Giornale”, sul sito “ItalianiLiberi” spiega come gli ebrei dell´alta finanza abbiano distrutto l´Occidente attraverso la loro visione del mondo: il primato dell´economia come unico valore.
Difficile mantenere la rotta nella tempesta. Difficile soprattutto non farsi catturare dalla logica del “muro-contro-muro”. Rosella Gabriel, ebrea milanese: «Non è solo l´antisemitismo che preoccupa, ma anche certo filosemitismo. Quello di chi ammira gli ebrei solo per i loro muscoli o la loro forza finanziaria». E Valerio Fiandra, di Trieste: «Si può stare dalla parte di Israele usando parole antisemite e si può stare dalla parte dei Palestinesi senza essere affatto antisemiti. Una delle tragedie della guerra è anche la mancata comprensione di queste differenze».